
Struttura industriale nata sull’impianto di una precedente impresa artigianale, questa lavanderia dà lavoro a venti dipendenti, trattando fino a dieci tonnellate di biancheria al giorno. Un’attività che si fonda su certificazioni ben precise e principi applicati di risparmio energetico
Vorrà dire o no qualcosa aprire una lavanderia industriale nella Magna Grecia? Anche se non si chiama più così, la provincia di Reggio Calabria ci parla di una storia che dura da quasi tremila anni, da quando nel VII secolo avanti Cristo i greci fondano, in questa punta dello stretto di Messina, una delle colonie più fiorenti della loro dominazione nella penisola italica, dandole il nome di Rhegion.
Sono radici millenarie ancora vivissime, tanto che si chiama Cannavò, dove la “c” ha sostituito la “k” del nome greco Kannavò (grigio), la frazione di Reggio Calabria in cui si trova la lavanderia industriale Super Moderna, impresa della manutenzione del tessile da tenere a mente come sintesi esemplare di tradizione e innovazione, conoscenza del mercato e del territorio, vocazione artigiana e organizzazione di tipo industriale. Quanto ci si aspetta da un territorio chiamato un tempo Magna Grecia.
“Se guardiamo ai fatti, la storia è presto detta – racconta il titolare Antonino Cutrupi. – Nel 1960, mia madre, Paola Siclari, sostenuta da mio padre Angelo, avvia in zona un negozio di lavanderia, una delle tante pulisecco sorte con il boom economico. Da allora quell’attività si sviluppa e si amplia in modo quasi naturale, aumentando, macchina dopo macchina, la propria capacità di lavare. Finché negli anni ’90 il bianco artigianale degli inizi diventa inevitabilmente un bianco trattato in modo industriale, per soddisfare una domanda di pulito sempre più diffusa e importante”.
La svolta industriale è quella di cui si prende cura Antonino Cutrupi, che attualmente gestisce un’attività quotidiana di Super Moderna affidata a venti dipendenti, a cui spetta il trattamento di capi destinati soprattutto a strutture sanitarie pubbliche e private, ma anche ad aziende della ristorazione e imprese private. La somma è un parco-clienti a cui garantire, all’occorrenza, tutti questi servizi: noleggio di biancheria ospedaliera piana e confezionata; lavaggio e disinfezione per materassi e guanciali; lavaggio e stiratura; disinfezione e finissaggio; rammendo; personalizzazione su richiesta di biancheria, abbigliamento medico e paramedico; sistema di etichettatura tramite bar-code; procedure di lavorazione secondo norme UNI EN ISO 9001:2015, sistema di gestione aziendale certificato CERTITALIA. Servizi che si applicano a carichi fino a dieci tonnellate di biancheria al giorno.
Se poi uno chiede ad Antonino Cutrupi se un segreto esiste, in questa conduzione della Super Moderna, riceve una risposta molto semplice. “E’ un grande impegno stare sul mercato tutti i giorni, affrontando tutte le sfide che ciò comporta, ma in questa azienda riteniamo che sia possibile farlo in un unico modo, operando cioè nel segno della trasparenza e della sostenibilità”.
Trasparenza significa poter sfoggiare ben cinque certificazioni UNI EN ISO 9001:2015 (gestione della qualità), UNI EN ISO 14001:2015 (gestione ambientale), UNI EN ISO 14046:2016 (corretto consumo idrico), UNI EN ISO 14064-1:2016 (riduzione del gas-serra) e UNI EN ISO 14065:2016 (Sistema di controllo della biocontaminazione). Molto più di un biglietto da visita, qualcosa di equivalente a un “porte aperte” che anche a migliaia di chilometri di distanza lascia apprezzare la conduzione della lavanderia industriale Super Moderna. Che fa la propria parte anche sul piano della sostenibilità avvalendosi di un impianto fotovoltaico da 50 kilowatt di potenza, acquistato tramite contributo dello Stato, e funzionante in modo da attuare un risparmio energetico testimoniato dal 20% in meno speso in bollette rispetto a prima.
“Queste sono le carte che mettiamo in tavola davanti ai nostri clienti – spiega Antonino Cutrupi. – Sono queste le basi su cui poi inserire qualsiasi personalizzazione richiesta nella confezione e nel trattamento dei capi, che possiamo anche ricamare e adornare di scritte. Perché a quel punto diventa molto più facile, quasi naturale, rimettere in campo le nostre origini artigiane, la nostra quotidiana cultura del lavoro”.
di Stefano Ferrio
DETERGO MAGAZINE
MAY 2019