È ambientata a Porto Garibaldi, in provincia di Ferrara, la bellissima storia di quattordici lavoratori che, dopo la chiusura della lavanderia industriale dove erano occupati, decidono di unirsi in cooperativa investendo i soldi delle proprie liquidazioni. In nemmeno due anni, grazie a una importante commessa, il fatturato si aggira sugli 800mila euro e sono arrivate undici, nuove assunzioni. Una via emiliana sull’esempio dei Working Buyers americani
“Abbiamo bisogno di un nome che ci porti bene – dissero un anno e mezzo fa le donne della cooperativa di fronte alla “loro” lavanderia industriale, che stava nascendo
dopo mille tribolazioni. Finché una non propose “girasole”, perché è il nome del fiore la cui corolla segue il percorso del sole nel cielo, e significa quindi serenità ancor prima
che prosperità.
Difficilmente scelta poteva essere più felice, visto che un anno e mezzo dopo stiamo parlando dei successi e del fatturato crescente della lavanderia Girasole di Porto Garibaldi, provincia di Ferrara, azienda nata “controvento”, per volontà di quattordici operai pronti a trasformarsi in manager pur di continuare a lavorare nel proprio territorio, senza assoggettarsi alle difficili leggi della mobilità.
La ricostruzione di questo miracolo collettivo inizia nel 2013, quando la Servizi Ospedalieri di Ferrara, fra i colossi italiani nel supporto all’attività sanitaria, forte di quattro stabilimenti e diciannove partner a cui appaltare servizi in tutta la penisola,
decide di chiudere la propria sede di Porto Garibaldi. L’idea è quella di trasferire a Ferrara, ovvero a 60 chilometri di distanza, i 115 dipendenti ma, come sempre
succede, è un’idea che incontra resistenze, soprattutto da parte di chi rinuncerebbe malvolentieri a sradicarsi da un posto di lavoro vicino a dove abita.
Mentre incalzano le trattative e turbinano le domande sul futuro, gli addetti alla manutenzione dello stabilimento appena dismesso, sono a lungo occupati a smontare e rimuovere macchinari così imponenti e complessi. “È in questo periodo che iniziamo a parlare fra noi di quale soluzione adottare – racconta uno di questi addetti, Piersante
Luciani, attuale vicepresidente del Girasole – finché qualcuno mette assieme due cose: la nostra esperienza nel settore, resa qualificante da tanti anni di servizio, e l’esistenza,
nel territorio, di opportunità di lavoro che conoscevamo bene”.
Ragionamenti, contatti e verifiche portano così a scoprire che, sempre a Porto Garibaldi, un’azienda solida e articolata come Lidigroup, nata per noleggiare e vendere biancheria
a strutture sanitarie e case di riposo, offre uno stabile di sua proprietà a una lavanderia su cui appoggiarsi per importanti quantità di lavoro. “A questo punto ci contiamo: siamo in tutto quattordici, soprattutto donne, che notoriamente incontrano più difficoltà nel trasferirsi – ricorda Piersante Luciani – e concludiamo che è un numero sufficiente per buttarsi all’avventura, formando una nuova cooperativa”.
Per partire occorre ovviamente un capitale, e l’unico che questi quattordici operai possono mettere assieme deriva dalla somma delle proprie indennità una volta deciso
di licenziarsi da Servizi Ospedalieri.
Fortuna vuole che, oltre al denaro, trovino il sostegno di Legacoop, pronta a supportare la nascita della nuova cooperativa con i servizi garantiti dal fondo mutualistico Coopfond.
La somma di liquidazioni e finanziamenti dà i 500mila euro con cui la lavanderia industriale Il Girasole apre i battenti nel marzo del 2016, iniziando a lavare tonnellate
di biancheria per Lidigroup ed eleggendo presidente e vicepresidente Matteo Tomasi e Piersante Luciani.
Un anno e mezzo dopo, i numeri sono confortanti, considerando che i dipendenti sono passati da14 a 25, e che il fatturato 2017 è orientato verso il bis, se non il superamento,
degli 800mila euro del primo anno. “Intanto noi continuiamo a studiare da manager – rivela Piersanti – e, per intensificare le commesse, nel periodo estivo abbiamo cominciato a lavorare per stabilimenti balneari e strutture recettive dei lidi ferraresi”.
Quel Girasole benedetto dalle operaie continua quindi a fiorire e a ingrandirsi,
e non senza clamori, visto che si tratta di una felice esperienza di “Workers Buyout”, formula che consente ai lavoratori di rilevare la propria impresa. È una modalità che
ha finora attecchito soprattutto negli Stati Uniti, facendo capire che esistono punti di incontro fra Wall Street e Working Class. A Porto Garibaldi, Italia, ve lo confermano. •
Detergo Rivista – Novembre 2017