Il sistema di gestione della biancheria adottato dalla lavanderia industriale di Baveno è diventato un modello per le imprese inglesi associate nel National Laundry Group. E il titolare Bruno Bernareggi lancia la sua provocazione: “Anche noi italiani dovremmo iniziare a fare squadra in questo modo, per essere tutti più forti su un mercato così competitivo”
“Pensare la lavanderia”. Pesare i quintali di biancheria ogni giorno trattati con una bilancia che non è solo tarata sui profitti, ma anche sulla ragione, la convenienza, le conseguenze e la durata dei propri investimenti. E da qui partire per considerare le proprie ragioni e quelle della concorrenza, intrecciandole in un’idea di “rete” che tiene conto ovviamente delle diversità fra le varie imprese, ma nello stesso tempo le intreccia a uso e consumo di un mercato reso sempre più aperto e ibrido da informatica e mass media.
Incontrare Bruno Bernareggi significa non solo imbattersi nell’attuale rappresentante di una famiglia che gestisce l’omonima lavanderia di Feriolo di Baveno, in provincia di Verbania, da ormai quattro generazioni, ma anche entrare in contatto con un imprenditore educatosi a considerare la propria azienda come finestra aperta sul mondo, fonte di relazioni oggi necessarie al business quanto le macchine.
“Una decina di anni fa avvertii l’inizio di cambiamenti importanti per l’intero settore” inizia a raccontare Bruno Bernareggi dalla sede di questa lavanderia industriale che sulla sponda piemontese del lago Maggiore dà lavoro a una quarantina di dipendenti, trattando una media di 10 tonnellate di capi al dì.
“La svolta avviene nel momento in cui capiamo di poter entrare nel mercato in espansione delle case di riposo – continua Bernareggi – passo che ci porta a considerare con attenzione la qualità del tessuto da offrire ai nostri potenziali clienti. Alla fine, tramite un viaggio in Scozia, la scelta cade sul jersey, che ha le caratteristiche di unire un’eccellente qualità a una lunga durata. All’epoca si trattava di una proposta molto nuova per il mercato italiano, però ci bastò presentarla nel modo giusto, credendo profondamente nelle ragioni di quella scelta, e in quattro anni firmiamo contratti con 47 case di riposo”.
E’ una sorta di “parabola”, questa del jersey, nella storia della Bernareggi.“Perché – spiega Bruno Bernareggi – premiò una nostra positiva curiosità verso il nuovo. La stessa che da tempo ci ha orientato ad affiancare al jersey altre proposte, ancora più innovative ed ergonomiche, sapendo per esempio che oggi in un istituto per anziani, per quanto riguarda la biancheria, vale soprattutto un principio di presentabilità, ovvero l’igiene, la portabilità e il decoro di un capo di vestiario anche dopo cinquanta volte che è stato lavato”.
Entra qui in gioco l’elemento “numeri” che assume notoriamente un’importanza prioritaria quando una lavanderia industriale serve numerosi clienti in settori come il sociale e il turistico. “Da qui – rivela in proposito Bernareggi – il nostro deciso orientamento in direzione di una precisa e capillare tracciabilità di ognuno delle migliaia di capi che trattiamo ogni giorno. La scelta è stata obbligata, in direzione di quel microchip grazie a cui sapere in ogni momento quale storia ha un capo in termini di utilizzazione, lavaggi, differenziazione di trattamenti”.
La svolta avviene con l’ideazione del Ticket Laundry System, il proprio sistema di gestione con cui Bernareggi regola lavaggi e noleggi di tutti i capi di biancheria. Tramite Ticket Laundry System il percorso di ogni capo di biancheria, dal ritiro fino alla consegna, viene tracciato e memorizzato. Tutti i dati sono inoltre messi a disposizione del cliente grazie ad sistema gratuito di web report.
Il patrimonio acquisito grazie al Ticket Laundry System è “mobile”, e per nulla fisso. Consente un colpo d’occhio rivolto nelle più varie direzioni. “In base all’esperienza della nostra lavanderia – chiarisce Bruno Bernareggi – credo che l’alta informatizzazione dei sistemi sia un punto di non ritorno per quanto riguarda la gestione di settori come le case di riposo, gli alberghi, i ristoranti. E con prospettive dirette a nuovi settori, dalle enormi potenzialità. Per citarne uno tra i più scarsamente rilevanti, ma dai numeri sorprendenti, i saloni dei parrucchieri. Se ricerco attraverso un noto strumento di ricerca una volta solo cartaceo oggi quasi solo web, solo per la provincia di Verbania mi vengono restituiti 654 riferimenti. Se da un valore del genere mi sposto all’Italia, si arriva a un numero superiore a 60mila, con un bacino di utenza di almeno venti milioni di persone che, più o meno occasionalmente, vanno dal barbiere o dal parrucchiere”.
Bruno Bernareggi non ha nulla in contrario a condividere dati, esperienze e riflessioni con gli altri imprenditori della lavanderia. “Perché siamo sì concorrenti – spiega – ma inseriti in un mercato che non è più quello di dieci, vent’anni fa, ma un indotto economico dove si richiedono risposte all’intero sistema della lavanderia prima ancora che alle singole aziende. Di più: invece di aspettare domande, perché non impariamo ad offrire noi soluzioni innovative?
In Gran Bretagna il National Laundry Group è un’organizzazione formata da 28 imprese di lavanderia indipendenti che fanno riferimento a un’unica, e comune struttura commerciale”.
“Tra di loro – continua Bernareggi – condividono anche il patrimonio di conoscenze e competenze durante frequenti incontri di tre giorni, ai quali vengono invitati a portare i propri contributi anche fornitori e clienti, oltre che le risorse interne dei membri stessi del gruppo. Tempo fa venni io stesso invitato a Birmingham a raccontare la nostra esperienza con l’RF-id dopo che, a gruppi, quasi tutti i rappresentanti di queste ventotto lavanderie inglesi sono venuti a trovarci a Baveno, spinti dal desiderio di approfondire l’argomento radiofrequenza in lavanderia.
“Non sarebbe bello se anche in Italia sorgessero realtà del genere?” domanda Bernareggi, assaporando il piacere di lanciare un’intelligente provocazione. E, per il momento, così “si risponde”: “Fare gruppo in modo simile potrebbe essere un’alternativa a quello che si annuncia da più parti come il futuro del settore, fatto di interventi di acquisizione di capitali per lo più stranieri allo scopo di concentrare sempre più, per ottimizzare costi e risorse. Fare gruppo potrebbe bastare anche solo per progetti condivisi, mirati verso un target particolare di clientela, con strumenti, idee e progetti innovativi …”.
Riflessioni che inducono l’imprenditore piemontese a quest’efficace immagine conclusiva: “Se io do un Euro a te e tu uno a me, alla fine abbiamo un Euro a testa. Ma se io do un’idea a te e tu una a me… alla fine abbiamo due idee ciascuno!”.
In un giornale come Detergo si può essere solo lieti di lanciare a tutti i lettori provocazioni del genere. Sperando che arrivino altre risposte.
di Stefano Ferrio
RIVISTA DETERGO
GENNAIO 2017