TALENTO ITALIANO — Al Washing Cafè brioche e sorrisi fra una centrifuga e l’altra

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COME CAMBIA IL MERCATO DELLA LAVANDERIA/1

Nel suo primo anno e mezzo di attività questo bar-lavanderia di Milano ha fidelizzato clienti di ogni tipo: professionisti, anziane signore, amiche del tè delle 5, impiegati degli uffici vicini, ospiti dei bed and breakfast della zona, famiglie cinesi. Sono i frutti della felice intuizione avuta dai titolari, due coniugi decisi a sperimentare in Italia un modello di self service già sperimentato con successo all’estero. Dove il tempo trascorso ad aspettare la biancheria pulita diventa occasione di relax, incontri, letture

 

C’è self service e self service.
E c’è centrifuga e centrifuga.
Andando in cerca di come sta cambiando il mercato della lavanderia, sono due importanti lezioni, fra loro legate, che a Milano si apprendono al Washing Cafè di via Lomazzo 29, nel cuore della Chinatown meneghina.
Entri e non sai se ti trovi in un barbistrot, come suggerito dal bancone e dai tavoli apparecchiati che hai di fronte, oppure nella struttura a gettoni di cui ruotano vorticosamente le lavatrici nella stanza alla tua sinistra. A favore della seconda ipotesi concorre la presenza di Caterina, anziana signora che ogni settimana viene proprio qui a lavare le lenzuola di casa, stregata dal profumo di cui sono intrise una volta uscite dagli essiccatoi. Ma ci sono anche giovanotti dagli occhi affondati nelle pagine di un thriller davanti a cappuccino con brioche, e compagnie di impiegate entrate per una pausa di metà mattina.
La risposta ai nostri rovelli arriva dal sorriso, aperto e solare, con cui  di servire l’ennesimo caffè, racconta come è iniziata questa sua avventura d’impresa. “Nel paese della provincia dove sono nata, Bollate, ho utilizzato per anni la lavanderia a gettoni aperta da un gentile signore di una certa età, non lontano da dove abitavo. Da una parte la trovavo una gran comodità, perché mi permetteva di smaltire in un’ora notevoli quantità di biancheria. Ma dall’altra sentivo che lì dentro mancava qualcosa, perché il posto era molto carino, tutto dipinto di rosa, sempre ben curato, in modo che noi clienti ci sentissimo un po’ di casa. E così, quando è stato il momento di buttarsi all’avventura…”.
Per cogliere come si è giunti a quel decisivo passaggio, occorre inserire il personaggio del marito di Barbara, Giampiero Tarullo, pubblicitario e creativo che, quando
siamo entrati al Washing Café, era fuori per lavoro. “È successo che, quando ci siamo trovati per le mani un piccolo capitale da investire – continua la lavandaia barista –Giampiero non ha avuto dubbi, ha fatto tesoro dei miei racconti e mi ha proposto di aprire un self service che fosse completamente diverso da tutti gli altri, dove i clienti potessero trovare il calore umano di un locale a conduzione familiare, dove poter bere qualcosa e scambiare quattro chiacchiere… Ed eccoci qua, ormai da un anno e mezzo”-
Un anno e mezzo vissuto alla grande, al Washing Cafè, per il quale i coniugi Tarullo si sono ispirati a modelli di self service in voga da un pezzo nei Paesi del nord Europa.
“Pensa che a Londra ce n’è  uno dove le lavatrici lavorano allineate sotto il bancone del bar, ma altre del genere abbiamo visto che funzionavano anche nei Paesi
Bassi – spiega la titolare – per cui  abbiamo pensato fosse giusto provarci anche in Italia”. Il risultato è un efficiente e attrattivo “ibrido”, in cui la lavanderia è attiva sette giorni su sette, con orario 7-22 e secondo ingresso separato, mentre il bar funziona dalle 7 alle 19, e la domenica chiude per turno.
I fatti hanno dato ragione ai creatori di quest’impresa dai caratteri totalmente inediti, con ricadute positive anche sulla vita della famiglia, dato che Barbara ha potuto lasciare il precedente lavoro di commessa in un grande centro commerciale, dove lavorava tutti i giorni, e la coppia riesce così a essere più vicina ai propri figli, Mirko e Noemi, 9 anni il primo e 7 la seconda. Nomi di tradizione, e non pescati dalle pagine dei rotocalchi, questi dati ai due bambini, a dimostrazione di una sensibilità dove la curiosità per il nuovo coesiste con un senso delle proprie radici: intreccio fondamentale nell’Italia del 2017, dove impazzano sì i reality e i telefonini, ma  resiste anche un diffuso desiderio di condividere spazi e scambiarsi un sorriso, giusto come nei bei bar di una volta, di quelli che a Milano si affacciavano nella Brera degli artisti  o lungo quei navigli dall’aria vagamente nordica.
A dimostrazione che c’è self service e self service, come abbiamo scritto all’inizio, e di conseguenza che c’è centrifuga e centrifuga.

La prima intesa come funzione di una lavatrice, la seconda come spremuta di vegetali. Qui dentro, ovviamente, coesistono. A questa seconda verità introduce Fabio, entrato per chiedere una di quelle centrifughe “finocchio e zenzero” che, parole sue, “qualificano la linea salutista del locale”. Fabio, che è titolare di uno studio pubblicitario della zona, è uno dei tanti, affezionati clienti fidelizzatisi nei primi diciotto mesi di vita del Washing Cafè. Come la signora Caterina incrociata prima, felice di riportarsi a casa lenzuola squisitamente profumate. “E come i tanti che aspettano le camicie lavate mangiando un piatto caldo durante il break dell’una – aggiunge Barbara – o le signore che, fra una centrifuga e l’altra, sono diventate  così amiche da darsi appuntamento ogni settimana all’ora del tè. Ma arrivano anche tanti stranieri, indirizzati qui dai bed and breakfast della zona, e gli stessi cinesi del quartiere non disdegnano affatto di venire qui a lavarsi un maglione”.
Attivata dal passaparola, la crescita dei clienti del Washing Cafè mostra un che di inarrestabile. A dimostrazione che, in questo mondo così tecnologico e frenetico, la “domanda” principale diventa quella di relazioni e calore umano. Così impellente, e solitamente inevasa, che anche una lavanderia self service può soddisfarla in modo impeccabile.
Con sorrisi e sorrisi di caffè fra una centrifuga e l’altra.

 

di Stefano Ferrio

Detergo Rivista  Dicembre 2017