REPORTAGE — Stira-camicie, Facebook e meno CO2 assi nella manica per il futuro

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COME CAMBIA IL MERCATO DELLA LAVANDERIA/2

Imprenditori e operatori concordano nel definire un indotto sempre più dinamico e composito dove fornitori, pulitintori e utenti finali entrano in contatto attraverso l’uso dei social, i nuovi bisogni delle famiglie e una maggiore sensibilità ecologica (ormai necessaria anche per vincere gare d’appalto). Ciò comporta negozi simili a centri servizi a cui si accostano clienti non più omogenei, ma mossi piuttosto da richieste personali. Per soddisfarli occorre aumentare non solo i livelli di automazione e i sistemi di tracciabilità dei capi, ma anche la propria capacità di ascolto
Lavanderie modello bar, dunque. Ma anche lavanderie semoventi a bordo di un furgone, lavanderie noleggiate da brand della moda per rivitalizzare i propri capi “d’antan”, lavanderie come servizio sociale da garantire ai più svantaggiati.
Sono solo alcuni degli esempi, tratti da questo e da precedenti numeri di Detergo, utili per evidenziare un presente caratterizzato da grandi cambiamenti nell’indotto della manutenzione del tessile, comprensivi di nuove fasce di clientela, nuovi modelli di business, nuove relazioni con l’utenza. E senza dimenticare un contesto legislativo teso a imporre sul tema “Ambiente” misure di tutela sempre più rigide, come ricorda Stenilio Morazzini, Ceo di Montega che a Misano Adriatico crea prodotti chimici per la lavanderia.
Dal 2017 sono in aumento costante – osserva Morazzini – le gare di appalto che richiedono alle lavanderie emissioni sempre più ridotte e rigorosamente certificate di CO2. Una tendenza che diventerà presto norma”.
Ovvio che tutto ciò abbia ricadute dirette anche nella quotidianità di un mercato dove, parola di Corinna Mapelli, co-titolare della Trevil che nel Milanese produce macchine per lo stiro “ci si trova da tempo in un bivio, fra due strade destinate ad allontanarsi sempre di più. Dove da una parte si guarda innanzitutto al prezzo, e per questa ragione ci si rivolge a centri commerciali e self service low cost. Dall’altra, conta invece la qualità del servizio, ragione per cui si va in cerca di aziende che siano in grado di trattare a regola d’arte capi realizzati in quel particolare tessuto, nonché tende, tappeti, guardaroba pregiato e altro ancora”. “Attenzione però – aggiunge Mapelli – gli utenti sono i primi a conoscere questo bivio, tanto che molti di loro portano ogni settimana le camicie nella lavanderia più comoda e conveniente, e una volta al mese scelgono il fornitore di maggior qualità al quale affidare l’abitino da sera, il capo in pelle, le scarpe in nabuk che hanno perso smalto. Alcuni imprenditori del settore l’hanno capito e spontaneamente offrono due diversi tipi di servizio, con listini prezzi differenziati. Quale che sia il tipo di servizio offerto, la richiesta che ci viene fatta trasversalmente è quella di macchine sempre più “intelligenti”, in grado di ottimizzare il tempo che l’operatore deve dedicare alle decisioni. Pertanto i fornitori sono impegnati nel creare macchine sempre più automatizzate, performanti, in grado di garantire la maggior efficienza senza compromessi sulla qualità”.
Una conseguenza di questa mutazione di sistema consiste in una maggiore permeabilità fra le sue parti.
I problemi riversati dalla classica signora Maria sul bancone della pulitura, tante volte inediti a causa dei materiali adottati dall’industria dell’abbigliamento, ricadono immediatamente dopo al telefono del fornitore di macchine o solventi, a cui i lavandai continuano a “girare” le nuove richieste dei loro clienti. “È un circolo virtuoso che esalta il nuovo ruolo acquisito dall’utente finale” esordisce Marco Niccolini, direttore commerciale della Renzacci che produce macchine per lavanderia a Città di Castello. E così continua: “Non a caso gli Academy Day che la Renzacci organizza come workshop per gli operatori di lavanderia sono sempre da tutto esaurito. Lì incontriamo imprenditori e artigiani che sono innanzitutto interessati a fare bene il proprio lavoro, e anche quest’accresciuta sensibilità professionale è linfa positiva per il mercato. Nel quale affiorano trend consolidati, come l’affermazione ormai indiscutibile dei solventi naturali, oggi in grado di trattare circa l’80% dei capi di abbigliamento più usuali, con ricadute positive per quel bene comune che si chiama Ambiente, sempre più prezioso e vulnerabile”.
Altre scoperte interessanti, addentrandosi nell’attualità del mercato della lavanderia, riguardano proprio questi utenti finali su cui il nostro reportage torna in continuazione.
“Sono migliaia, milioni, ma ognuno diverso da tutti gli altri” spiega in proposito Mirco Mongillo, direttore commerciale della bolognese Firbimatic che produce macchine per lavanderia. E precisa: “Oggi in una lavanderia non entrano più clienti omogenei, ognuno con il suo sacchetto di braghe e camicie usate in settimana. Si presenta quello che chiede il lavaggio di tovaglia e canovacci da cucina, e subito dopo un altro, il cui montone, oltre a un trattamento specifico, ha bisogno della cucitura di un paio di bottoni andati persi. Sono negozi che sempre più devono assomigliare a centri servizi, a disposizione di un’utenza incline, dopo la crisi, a rifuggire l’usa e getta, per puntare piuttosto sulla durata e la resistenza dei capi”.
“Chi opera nella lavanderia oggi deve avere un computer  sempre aperto su Facebook” aggiunge sul tema Alessandro Davi, amministratore delegato della Davis di Bolzano, distributrice per l’Italia delle macchine tedesche Böwe. Per poi chiarire: “E l’obbiettivo dev’essere duplice: promuovere la propria azienda in un contesto che tende a premiare l’appartenenza ai social, e nello stesso tempo monitorare il mercato, tastando il polso dell’utenza quanto a bisogni e conoscenze. Ormai è un dato di fatto ampiamente diffuso la piena affermazione dei prodotti chimici alternativi, fra i quali alcuni hanno compiuto passi da gigante negli ultimi tempi, come i solventi a idrocarburi, il cui potere sgrassante è aumentato in modo netto e indiscutibile. Questa non è più una verità per iniziati, ma un sapere condiviso anche dagli utenti finali”.
Mercato come sistema di interfacce costantemente aperte. È un concetto su cui torna anche il comunicato della Pony, che produce macchine per lo stiro nel
Milanese, e di cui è presidente Paolo Fumagalli.
“Da sempre la strategia Pony comprende il contatto diretto con la clientela – vi si legge – sia per raccoglierne suggerimenti e aspettative, sia per mettere a disposizione i propri spazi dimostrativi. Sono “open day” durante i quali i partecipanti ricevono spunti formativi, e allo stesso tempo hanno la possibilità di testare i prodotti attraverso pratiche di stiro guidate. Di sicuro una lavanderia dei nostri giorni sta sul mercato attuando al suo interno tutto ciò che comporta contenimento
del rumore, gestione della dispersione del vapore e dell’aria calda, riduzione del consumo energetico e miglioramenti ergonomici per il comfort dell’operatore”.
Ne consegue che “La lavanderia del futuro è ecologica, sostenibile, mobile e automatizzata”, come si legge  in un comunicato del Rotondi Group, che produce macchine per lo stiro e la lavanderia a Settimo Milanese. Un testo che così continua: “Lo scenario è  quello di offrire un trattamento dei tessuti di alta qualità senza l’utilizzo di personale specializzato. Significativo in tal senso l’utilizzo delle APP, già approdato con successo in lavanderie dove si può usufruire di un ottimo
servizio “laundry” attraverso un semplice Smartphone; ciò vale sia per le prenotazione dei posti nelle lavanderie a gettone, sia per la gestione degli ordinativi nelle
lavasecco ad alta digitalizzazione”.
Sulle risorse dell’automazione applicate a settori di  lavanderia sempre più estesi si torna anche conversando con Julien Buros, responsabile prodotto di
Datamars, azienda svizzera che realizza sistemi di tracciabilità. “La grande novità degli ultimi anni consiste nell’applicazione dei chip alla biancheria piana, e non solo agli abiti da lavoro – spiega Buros. – Ciò è dovuto a transponder sempre più potenti, in grado di leggere migliaia di capi in pochissimi secondi. Ma
la tracciabilità ora inizia a essere un valore richiesto  anche per gli indumenti privati, e non solo degli ospiti delle case di riposo. Aumentano le lavanderie artigiane
che entrano pienamente nella modernità dotandosi di sistemi di identificazione grazie a cui migliorare in efficienza il proprio rapporto con la clientela”.
Punto di vista prezioso sull’indotto lavanderia diventa quello di chi produce accessori, come la milanese A13, della quale abbiamo incontrato il presidente
Giuseppe Conti. “Le lavanderie artigiane, per anni abituate a lavare solo con macchine a percloro, sono state proiettate verso macchine più performanti e meno
inquinanti da un’esigenza di maggiori risparmi energetici  unita a una diffusa presa di coscienza sull’Ambiente”
spiega Conti, per poi precisare: “Le nuove metodologie di lavaggio hanno ovviamente cambiato lo stiro, per il quale divengono necessarie attrezzature in grado di riportare i capi alla forma originaria. Da qui il boom delle macchine per lo stiro tensionato”.  “Ma in questo mercato – conclude Conti – cambiano anche usi e consumi della clientela; quello che una volta veniva lavato e stirato a casa passa oggi alla lavanderia.
Le camicie sono un esempio lampante di questa nuova tendenza. Tanto che un negozio di lavanderia aggiornato ai tempi deve assolutamente dotarsi di una
macchina stira-camicie”. •
(1 – continua nel prossimo numero di Detergo)

di Stefano Ferrio

DETERGO RIVISTA – DICEMBRE 2017