REPORTAGE — Stand svuotati dagli acquisti Un Clean Show da incorniciare

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Gli espositori ci parlano di un’edizione da record della fiera americana, dove temi dominanti sono stati il successo dei nuovi solventi, il boom del Made in Italy nello stiro le crescenti sinergie con l’Europa, l’alta crescita tecnologica nei sistemi in remoto.
Con notevole volume di affari conclusi sul posto

Vacche grasse al Clean Show di Las Vegas. Ne danno notizia l’alto volume di affari conclusi sul posto, il boom del Made in Italy nello stiro, il successo diffuso – e forse un po’ selvaggio – dei nuovi solventi, i massicci investimenti in sistemi gestionali.
Vacche grasse, dunque. Espressione quanto mai appropriata, considerando l’importanza della simbologia biblica nella cultura americana. E diventa quasi un obbligo utilizzarla una volta raccolte le testimonianze di chi ha gestito uno stand in una Las Vegas da cui è rincasato con la stessa espressione gaudente di quanti, nella città dei casinò e del gioco elevato a sistema di vita, hanno fatto saltare il banco a suon di vincite.
Con la differenza sostanziale che l’azzardo c’entra molto poco nei risultati ottenuti da imprese che hanno invece costruito su sacrifici e programmazione la pista di decollo del proprio successo al Clean Show 2017. Dove il vento in poppa dell’economia americana e il cambio favorevole del dollaro hanno contribuito a premiare investimenti in qualità perpetuati nel corso del tempo.
“L’esempio di Pantastar credo sia perfetto per chiarire cosa ha significato quest’edizione della fiera – esordisce Corinna Mapelli, co-titolare della TREVIL di Pozzo d’Adda (Milano). – Dopo dieci anni di progressiva  ascesa, questo manichino stira-pantaloni ha fatto la parte del leone nel nostro stand di Las Vegas. Secondo me è segno di un intreccio ormai acquisito fra l’alta tecnologia italiana, dove resta indelebile l’imprinting della creatività artigianale, e un mercato americano più flessibile e incline alla qualità dei particolari. A patto, ovviamente, di rispettare determinate caratteristiche di questo Paese, come le taglie forti e la piega che si ferma all’altezza del cavallo”.
È una storia di lunga data, questa di Trevil, che trova eco in quanto possono raccontare alla UNION, che
produce macchine per il secco a Sala Bolognese, e il cui direttore commerciale Gabriele Cuppini spiega:
“Un’edizione estremamente positiva, questa del Clean Show. Dove noi di Union abbiamo potuto godere dei frutti di un impegno di lungo corso nel territorio americano.
Qui il momento del dry cleaning è molto fecondo di prospettive, basta pensare alla catena di negozi Tide
lanciata dalla Procter & Gamble, puntando su strutture di alta qualità, da un milione di dollari l’una. Certo, per reggere la domanda del mercato americano occorrono spalle forti: qui una macchina media tratta 25 chili di biancheria, e non 15 come in Europa, per cui i ritmi sono altamente intensivi, e la necessità di ricambio è sempre a breve termine”.
La parola “ricambio” chiama in causa la milanese A13, che produce accessori di ogni genere per la lavanderia.
“Vero, è dal 2005 che siamo presenti a Clean, ma questa è la sua edizione di gran lunga migliore – rivela
Daniele Ceretti, direttore per le vendite estere di A13.
Che così entra nel merito: “Negli Stati Uniti sembrano finiti i tempi delle macchine-bulldozer che sprecavano quintali d’acqua. Nel lavaggio si punta invece a tecnologie più di nicchia, in grado di personalizzare la propria produzione, mentre nello stiro è ormai palese l’avvento del Made in Italy, che A13 può certificare con le sue alte quantità di ricambi vendute a Las Vegas.
Indubbiamente non si ha più l’impressione di ritrovarsi in un mercato chiuso, autoctono, ma in un indotto sempre più aperto nei confronti dell’Europa”.
Questo delle convergenze transoceaniche è un altro tema ricorrente nell’expo del Nevada. Dove, ad esempio, la tedesca KANNEGIESSER, brand fra i leader mondiali nella produzione di macchine per la lavanderia industriale, sfoggia la recente nascita su suolo americano di Kannegiesser-ETECH,
seguita all’acquisizione della E-Technic di Minneapolis, fornitrice di sistemi a monorotaia per il trasporto dei capi. Una lieta novella ripresa dallo stesso comunicato in cui Kannegieser intreccia questo accorpamento ad altri gioielli high-tech come il sistema ergonomico di piegatura Synchro Remote e il sistema di trasporto Vectura, basato sulla gestione logistica delle pile di biancheria. Resta sul tema anche Marco Niccolini, direttore commerciale della RENZACCI che produce macchine per
il secco a Città di Castello. “Questo Clean Show – racconta Niccolini – è stato motivo di grande orgoglio di impresa per la Renzacci. Lo stand sempre affollato e il considerevole numero di affari conclusi premiano nel modo più concreto gli investimenti avviati nel 2014 con la creazione di Renzacci Usa. Dove, attenzione, non ci siamo limitati a trasferire delle lavatrici, ma abbiamo prima di tutto esportato una scuola di pensiero, affidandone la guida a un sales manager come Brent Padon. La semina è stata felicissima, e al Clean lo abbiamo visto dal successo delle nostre macchine a SENSENE™, solvente che sta incontrando favori sempre più massicci, dando così ragione alla nostra politica, mirata a una lavanderia in cui tenere massimo conto di tutela ambientale e valori bio”.
Anche la ILSA che a Galliera, nel Bolognese, produce macchine per il secco, ha messo salde radici negli Stati Uniti grazie all’acquisizione della Columbus di Long Island. E anche la Ilsa, per voce del suo responsabile commerciale Claudio Bonvicini, conferma i consensi in ascesa del SENSENE™: “Sembra ormai un dato acquisito che, quanto a valori performanti, si tratta del competitor più serio del percloroetilene, con indubbia efficacia in un Paese dove il percloro non gode certo di buona fama in termini ecologici”. “Ma è tutto l’indotto alla ricerca di novità – continua Bonvicini – e alla Ilsa lo
abbiamo constatato dal successo arriso alle macchine Ipura che funzionano a solvente alternativo che utilizza idrocarburi, senza bisogno di allacciamenti a vapore, con alti tassi di tutela ambientale”.
In un mercato così aperto a un’infinità di stimoli il ruolo del fornitore non può limitarsi a un contratto da far firmare, ma deve assumere indispensabili funzioni di partner. Lo rammenta Eugenio Boni, direttore commerciale della ITALCLEAN che produce macchine per il secco a San Giorgio di Piano, nel Bolognese.
“Al Clean abbiamo toccato con mano una domanda altissima, e a volte priva di fondamento, di wet cleaning – spiega Boni – espressa da acquirenti che richiedevano semplicemente macchine per il lavaggio ad acqua, senza aggiungere un perché. A Italclean sappiamo che si tratta di clienti che vanno accuratamente indirizzati verso acquisti sensati, nell’interesse dell’azienda stessa, obbligata a essere credibile. E, anche per quanto riguarda i solventi, va rammentato che ci vogliono almeno tre anni dalla loro uscita in commercio prima di poter parlare di test attendibili forniti dal mercato, e non solo dai laboratori”.
A Boni fa eco Giacomo Fontana, direttore commerciale della MAESTRELLI, che produce macchine per
il secco sempre a San Giorgio in Piano.
“Voglio una qualsiasi macchina, basta che non sia a percloro…  Così ha esordito un cliente cileno
presentandosi nel nostro stand. È una richiesta generica che non depone certo a favore della consapevolezza del mercato, anche se alla Maestrelli siamo  attrezzati da tempo ad affrontare situazioni del genere. Di sicuro, il percloroetilene sembra avere le ore contate, in America, tanto che a Las Vegas
un’azienda che lo produce regalava una prima ricarica gratis a chi acquistava macchine a percloro”.
Se il quadro finale presentato dal settore lavaggio è positivo, pur con qualche incognita, nello stiro il trionfo è sensazione diffusa. “Torno in Italia senza carichi in aereo – rivela Walter Cividini, amministratore delegato della FIMAS che produce macchine per lo stiro a Vigevano.
– Vuol dire che abbiamo venduto tutto, e svuotare uno stand è davvero il massimo per chi espone a una fiera.
Ciò significa anche che Clean ha assunto dimensioni globali sconosciute fino alla scorsa edizione di Atlanta.
L’ho visto dall’alto numero di visitatori provenienti dal Sudamerica e dall’Estremo Oriente. Ovvio che, in un campo sempre più aperto, i confronti diventano sempre più probanti, e la bellezza del Made in Italy vinca”.
Concetto ripreso dalla PONY, che produce macchine per lo stiro a Inzago, nel Milanese. “Clean è stata segnata dal successo di macchine ad alto tasso tecnologico – si legge in una nota di Pony – come la nuova linea di manichini per lo stiro delle camicie. Le dimostrazioni dal vivo di queste macchine si sono protratte per tutta la fiera, in modo incessante, facendo risaltare il valore insostituibile del contatto diretto tra fornitore e cliente”.
Se questo è il presente, per uno sguardo sul futuro di Clean possono valere le parole di chi è stato a Las Vegas non come espositore, ma come osservatore. Uno è Moreno Torra, responsabile tecnico della BIAR che realizza prodotti chimici per la lavanderia a Senago, nel Milanese: “Abbiamo toccato con mano una crescente domanda di linee sempre più specializzate da affiancare ad esempio alle macchine che vanno a SENSENE™, nel campo della pre-smacchiatura e della spazzolatura”.
Un altro è Lauro Bortot, direttore export della IMESA, che a Cessalto (Treviso) produce macchine per la lavanderia: “Clean 2017 ha segnato una crescita esponenziale nel campo dei sistemi di gestione, soprattutto in remoto, nel segno di un dialogo sempre più ricco, in tempo reale, fra lavanderia e cliente, comprensivo di Happy Hour dell’essiccatoio”.
Tutto fa pensare che anche in un prossimo Clean le vacche grasse continueranno a pascolare. •

di Stefano Ferrio

Rivista Detergo Luglio/Agosto 2017