Nelle attività artigiane-commerciali si moltiplicano i servizi alla persona, mentre Africa e Asia offrono nuovi scenari per la manutenzione del tessile. Sono indicazioni suscitate dal confronto con autorevoli addetti ai lavori
Esistono, si profilano nuovi mercati per la lavanderia?
Andando in cerca di una risposta, la ribalta globale di EXPOdetergo International è la migliore occasione per toccare con mano la straordinaria dinamicità che contraddistingue da qualche anno a questa parte l’intero indotto della manutenzione del tessile. L’estinzione quasi compiuta delle gloriose pulitintorie a conduzione familiare è stata compensata solo in parte dalla diffusa fioritura di strutture self-service, mentre conquistano spazi nuove tipologie di esercizi commerciali, realizzati per servire nicchie di mercato tramite appositi servizi che vanno dalla pulitura dei tappeti al lavaggio dei caschi motociclistici. Nell’ambito delle lavanderie industriali il quadro appare più stabile, ancorato com’è al “service” svolto in modo continuativo per settori come la sanità, l’assistenza agli anziani, l’accoglienza alberghiera e la ristorazione, anche se non mancano ambiti emergenti, da seguire attentamente, come quello degli abiti da lavoro.
“E’ un contesto reso fluido dalle trasformazioni sociali in corso: meno famiglie tradizionali e più single, più attenzione al benessere che alla pulizia in senso stretto, abbigliamento radicalmente cambiato rispetto al secolo scorso” esordisce Corinna Mapelli, contitolare della Trevil che produce macchine per lo stiro nel Milanese. E continua: “In un mondo dove i servizi alla persona si sono moltiplicati a dismisura, è ovvio che le lavanderie artigiane e commerciali si devono adeguare a nuovi standard e bisogni, allargando la propria offerta al di fuori del vestiario. Penso a tappeti, scarpe, materassi, trapunte e quant’altro in casa non si riesce a lavare”.
“Un altro valore aggiunto da curare – conclude Corinna Mapelli – riguarda l’organizzazione di ritiro e consegna dei capi; il negozio che la automatizza, rendendola possibile nell’intero arco delle 24 ore tramite card date in dotazione al cliente, avrà una marcia in più, soprattutto se opera in metropoli o capoluoghi di grandi dimensioni”.
“Un nuovo mercato non solo esiste già, ma si sta sviluppando a vista d’occhio”. Così rincara la dose Marco Niccolini, direttore commerciale della Renzacci, che produce macchine per lavanderia a Città di Castello. E precisa: “Mi riferisco alle centinaia di esercizi commerciali e negozi che in Italia, così come succede all’estero, hanno intrapreso la strada del benessere come obbiettivo primario. Aumenta ovunque la domanda di macchinari in grado di garantire disinfezione, e non solo la pulizia dei capi: qualcosa di necessario se pensiamo all’aumento di nuovi virus e malattie, anche contagiose”.
“Ci si avvia a grandi passi – aggiunge Niccolini – verso una manutenzione del tessile che richiederà alle lavanderie artigiane di restare tali quanto a servizio alla persona, e di acquisire nel contempo modelli gestionali simili a quelli delle lavanderie industriali. Ciò avviene da una parte per l’aumento continuo delle applicazioni elettroniche, e dall’altra per la crescente necessità di conformarsi al format 4.0 nella sostenibilità degli impianti e nel risparmio energetico, scelte irrinunciabili per la coerenza di chi oggi vuole garantire benessere alla sua clientela”.
“Quelle dell’igienizzazione e dell’automazione sono ormai vie maestre nella lavanderia del XXI secolo” conferma Walter Cividini, amministratore delegato di Fimas, che produce macchine per lo stiro a Vigevano. E prosegue: “Ho visto con i miei occhi diversi imprenditori investire cifre importanti per ottenere questi obbiettivi. Così, da una parte offrono qualcosa in più al cliente, ovvero igiene d’eccellenza, e dall’altra si dotano di macchine in grado di fare quasi tutto da sole, con risparmi conseguenti in manodopera”.
“Fermo restando – chiude Cividini – che l’Italia resta il Paese degli infiniti campanili e dei piccoli borghi, dove chi ha la lungimiranza di garantire un onesto servizio di lavanderia in territori dove non c’è più nulla del genere, viene sicuramente premiato”.
“Di certo – come constatiamo dagli affari conclusi – le lavanderie hanno ormai attecchito in pianta stabile nel Nord Africa e nel Medio Oriente” rivela Daniele Battistella, titolare della Battistella B.G. che produce macchine per lo stiro a Rossano Veneto. “A volte non è facile avviare una trattativa – continua Battistella – ma è anche vero che, in tantissimi casi, abbiamo visto imprese di quelle zone farsi avanti, poi sparire per un po’, e infine ripresentarsi per concludere un acquisto. Devo dire, per esperienza diretta, che il richiamo del Made in Italy resiste tuttora, e fa la differenza in positivo”.
“Per imporsi in questi nuovi mercati – sintetizza Battistella – occorrono tre virtù: relazione diretta con il cliente, capacità di contrattazione, conoscenza dei fondamenti della comunicazione”.
“Se vuole stare al passo con i mercati che cambiano un moderno impianto di lavanderia industriale deve integrare linee di stiratura per un servizio completo, che includa il trattamento di capi provenienti dal settore sanitario e dal settore ricettivo, oltre alle lavorazioni conto terzi, come accade ad esempio per le camicie” si apprende da un comunicato della Pony di Inzago (MI), di cui è presidente Paolo Fumagalli. “Parallelamente – si legge ancora nel comunicato Pony – diventa sempre più importante la necessità di velocizzare le operazioni, alleggerendo sia il lavoro degli operatori – per una miglior resa ed una riduzione dei costi di gestione – sia i consumi energetici richiesti. La tecnologia offre oggi soluzioni in grado di rispondere in modo adeguato a queste esigenze, con macchinari robusti e altamente professionali a un giusto rapporto qualità-prezzo”.
“Mercati” al plurale significa anche nuovi territori e continenti su cui investire.
Della “morale” di questa favola in formato reportage si prende cura Stenilio Morazzini, Ceo di Montega, che a Misano Adriatico crea prodotti chimici per la lavanderia. “Assolutamente sì che esistono nuovi mercati in cui credere e investire” afferma Morazzini. E, andando nel dettaglio, continua: “Viviamo sì in un mondo globalizzato, ma dove affiorano anche delle differenze, che magari fra loro si integrano. Ad esempio, per quanto concerne la produzione di denim e di tessuti per la jeanseria in genere, oggi si guarda sempre di più a India ed Estremo Oriente. In Italia è un indotto ridottosi di molto rispetto al passato, ma l’Italia, oggi più che mai, rifulge per la cura del particolare e il tessile d’eccellenza. Perché, anche nel XXI secolo, il nostro resta il Paese della Bellezza”.
di Stefano Ferrio
RIVISTA DETERGO
OTTOBRE 2018