A seguito della prima parte dell’approfondimento legale – relativo al caso di Modena, “La lavanderia chiude e dona in beneficenza i vestiti dei clienti,” pubblicato su Detergo di Febbraio – ampliamo la disamina concentrando l’attenzione, in particolare, sui casi di giacenza prolungata dei capi
A questo punto occorre richiamare l’attenzione sul problema relativo alla prolungata giacenza dei capi presso la tintolavanderia a causa dell’inerzia del cliente che non provveda al loro ritiro, anche nel caso in cui l’impresa abbia comunicato di avere effettuato il servizio pattuito e di non poter continuare a custodire i capi medesimi. Fermo restando quanto sopra indicato circa le responsabilità di custodia della tintolavanderia, deve essere sottolineato che, sulla base delle norme previste dal Codice Civile e dagli stessi Usi civici, alle tintolavanderie risulta, attualmente, vietata la possibilità di disfarsi dei capi non ritirati e lasciati in giacenza anche se per lunghi periodi di tempo.
Tale possibilità sarebbe ammessa e lecita esclusivamente nel caso in cui la tintolavanderia avesse rilasciato al cliente una ricevuta recante, oltre alla firma della tintolavanderia medesima, anche una doppia sottoscrizione da parte del cliente: la prima, per accettazione delle condizioni generali di contratto (oggetto del servizio, termini, descrizione dei capi, corrispettivo), e la seconda per accettazione della specifica clausola volta a liberare la tintolavanderia da ogni responsabilità per i capi non ritirati con facoltà di disfarsene dopo un determinato periodo di tempo decorrente dalla data prevista per la riconsegna.
La specifica approvazione per iscritto da parte del cliente si impone proprio perché tale clausola – in quanto volta a stabilire a favore della parte contraente che la ha predisposta (la tintolavanderia) una esplicita limitazione di responsabilità, correlata ad una decadenza da un diritto a carico dell’altro contraente (il cliente) – appartiene alla categoria delle clausole onerose o vessatorie di cui all’art. 1341, comma 2, cod. civ..
Dette clausole – in quanto stabiliscano a favore di colui che le ha predisposte limitazioni di responsabilità, decadenze da diritti o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria o obblighi di ricorso pregiudiziale alla conciliazione – non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto dalla parte contraente a carico della quale sono state inserite nel contratto: in tale ottica si suole parlare di contraente “forte” (nel caso di nostro interesse l’impresa di tintolavanderia) e di contraente “debole” (nel caso in esame il cliente o consumatore).
In particolare va rilevato che, secondo la norma richiamata ed in base a quanto chiarito dalla Giurisprudenza costante, la sottoscrizione per accettazione delle clausole vessatorie o onerose da parte del cliente deve essere distinta, in modo autonomo e separato (anche con il semplice richiamo del titolo o del numero d’ordine con cui le stesse sono inserite nel testo contrattuale), dalla sottoscrizione delle condizioni generali di contratto e degli altri patti contrattuali. Pertanto, si deve sottolineare come il regime giuridico previsto dalle norme vigenti risulti molto complesso e come lo stesso sia suscettibile di interpretazioni alquanto differenziate in sede di pratica applicazione nei singoli casi concreti.
Volendo applicare le norme citate alla situazione di nostro interesse, ciò che deve essere evidenziato con molta attenzione è che la questione del mancato ritiro dei capi da parte del cliente e della eliminazione delle giacenze da parte della tintolavanderia non può essere regolata né risolta in base a:
• il rilascio di una semplice ricevuta sottoscritta unilateralmente dalla tintolavanderia;
• neppure nel caso in cui la clausola sulla eliminazione della giacenza dopo un periodo determinato venisse chiaramente indicata nella ricevuta medesima;
• neanche nel caso in cui la clausola stessa venisse portata a conoscenza del cliente per il tramite della sua affissione in appositi avvisi nei locali della tintolavanderia.
Nelle situazioni indicate sarebbe comunque necessario ricorrere alla specifica sottoscrizione delle clausole in questione e spetterebbe pur sempre all’imprenditore (il “professionista”) l’onere di provare che tali clausole sono state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
È importante sottolineare che è sempre possibile prevedere allo scadere di un periodo specificato, un costo per la custodia dei capi lasciati in deposito.
Usi e consuetudini nelle CCIAA
A tal proposito è bene ricordare che in alcune Province d’Italia (va fatta una verifica nella propria Camera di Commercio competente) possono essere depositate in CCIAA degli usi e consuetudini per le lavanderie e stirerie.
Tale documentazione ha valore sul territorio di competenza e può prevedere:
• termini specifici di tempo per il ritiro dei capi;
• una maggiorazione del X% per ogni mese o frazione di mese trascorsi dalla scadenza del termine suddetto;
• Il periodo di tempo entro il quale la lavanderia risponde della conservazione scrupolosa dei materiali. •
di Andrea Saviane
e Avvocato Luca Bandera
Confartigianato Veneto,
Ufficio Comunicazione&Studi
Detergo Magazine – Numero 3, Marzo 2022