Fino all’inizio del millennio, quest’azienda di Rende gestiva commesse da parte di tutta la sanità della regione. Che però si sono improvvisamente interrotte, obbligando i titolari a occuparsi (peraltro a livello di eccellenza) soprattutto di accoglienza e ristorazione. “Ma noi non molliamo, e il nostro impianto interno di sterilizzazione per gli ospedali è sempre pronto a ripartire”
Vortica dentro gli oblò della lavanderia industriale Saden un’”esemplare” storia italiana. Grandi intuizioni, spirito d’impresa, lavoro dove non ce n’era, impianti all’avanguardia nel deserto, commesse che si eclissano senza un chiaro perché.
E’ la medesima storia che gira sui carrelli, prende forma nelle linee di stiro, e si posa sui pianali dei camion usati dall’azienda la cui sede sorge a Rende, grande comune in provincia di Cosenza. Stabilimento da cui ogni giorno partono quintali di biancheria pulita diretta ad alberghi, ristoranti, ma anche a strutture come le terme “luigiane” di Guardia Piemontese, dove la lingua può essere ancora quella “occitana” dei valdesi che, in fuga dal nord, nove secoli fa fondavano il paese.
Attenzione dunque all’uso delle parole. Noi per primi abbiamo dovuto pensarci nel momento di scriverla, questa storia. Scartando il termine “bella”, perché è vero che il bello abbonda, soprattutto nella passione per il lavoro su cui la Saden si fonda da sempre, ma è altrettanto indubbio che tanta bellezza ha dovuto spesso coesistere, e soprattutto lottare, contro avversità per nulla piacevoli. Accidenti relativi ad appalti, pubblici servizi, denunce cadute nel vuoto.
Tutto tipicamente italiano, a ben guardare. Sia la bellezza, che i problemi. Da qui quel termine, “esemplare”, indiscutibile per come mette assieme luci e ombre nella storia di questa lavanderia. Il cui presente trova una prima spiegazione nell’acronimo Saden, che intreccia i cognomi dei tre proprietari: Gaetano Sorrentino, Luigi Aceto e Antonio De Napoli. Mentre, per risalire alle origini, occorre concentrarsi sulle vicende di uno solo di loro, il signor Luigi Aceto, classe 1938. Uno abituato a non aspettare invano, se si pensa che, appena quattordicenne, apre il suo conto corrente alla filiale della Banca Nazionale del Lavoro. Ne ha bisogno, perché in quel 1952 già si mette a lavorare, trovando impiego nei distributori di benzina della zona.
Per cui, quando scoppia la crisi petrolifera del 1973, si sarà capito che il trentacinquenne Luigi Aceto non è tipo da provare scoramento. Cerca piuttosto nuove strade. E quella decisiva la trova proprio… per strada. “Sì, una sera sto passeggiando per Parma, durante un viaggio – racconta uno dei tre titolari della Saden – quando a un certo punto mi imbatto in una montagna di biancheria che troneggia in mezzo al marciapiedi. Incuriosito, mi informo, e scopro che si tratta delle lenzuola e delle federe di una casa di riposo, tutte di proprietà di una lavanderia industriale”.
“Avendo capito di cosa si tratta, una volta tornato a casa – continua Luigi Aceto – mi invento un sondaggio tramite cui appuro che all’epoca, in tutta la Calabria, e non solo a Cosenza e provincia, non esiste nemmeno una lavanderia industriale”.
Premesse perfette per operare in questo settore, attraverso il percorso che, fra varie iniziative ed esperimenti, nel 1985 porta alla nascita di Saden, messa in piedi da Aceto assieme ai suoi due cognati, Gaetano Sorrentino e Antonio De Napoli. “Quanta fatica – ricorda il signor Luigi – soprattutto per far capire la necessità di questo servizio, così nuovo nel nostro territorio. Praticamente stiamo chiusi due anni di fila, prima di iniziare. Finché, bontà sua, un giorno mi telefona il dottor Enrico Scarnati, che è poi il padre di Donatella, la giornalista della Rai, e mi chiede se possiamo occuparci della biancheria della clinica ortopedica che dirige a Cosenza”.
Non è un inizio in sordina, ma la prima tappa di un boom che sembra inarrestabile: commesse, finanziamento di 600 milioni di lire da parte della Banca di Roma, e nuova sede dotata non solo di cinque linee da stiro, ma anche di un impianto di sterilizzazione. “Perché – spiega ancora Luigi Aceto – sulla scia di quella prima commessa, ci scopriamo necessari per tutta la sanità calabrese, che si rivolge alla Saden anche per i tessuti di sala operatoria da sterilizzare. Viaggiamo sull’onda di un fatturato di centinaia di milioni al mese, e arriviamo ad assumere fino a settanta dipendenti, tanta è la mole di lavoro da gestire. Finché…”.
I puntini di sospensione lasciati intuire dalla voce di Luigi Aceto si riferiscono al progressivo black out che, dal 2004 in avanti, segna la storia della sua lavanderia. “Senza alcuna ragione – racconta – dalla sera alla mattina la sanità scompare dai nostri business plan. Di sicuro cambia la classe politica al governo della regione, e con i nuovi arrivati scopriamo di non avere in comune la stessa lingua, soprattutto quando si parla di appalti e denaro”.
Parole, queste di Aceto, che acquistano echi particolari pensando ai dipendenti, calati da settanta fino alla dozzina attuale, e a una media di ore lavoro quotidiane che non supera la mezza giornata. Default che non sembra spiegarsi con la qualità dei servizi offerti dalla Saden, tuttora leader nel settore dell’accoglienza e del turismo, come testimoniano i camion ogni giorno in viaggio verso alberghi e ristoranti da rifornire di biancheria e tovagliato.
“Tuttora noi siamo qui, intenzionati a batterci e a offrire il marchio Saden, magari in Sicilia o in Lucania, se in Calabria continuano a fare gli gnorri con noi – conclude Luigi Aceto. – E anche il nostro impianto di sterilizzazione interno rimane sempre pronto all’uso. Perché sappiamo non solo quanto valiamo, ma anche come ci conoscono e ci apprezzano fuori di qui”.
Saden, esemplare storia italiana.