
Come, grazie a un’eccellenza da sempre perseguita, un’impresa familiare calabrese è diventata struttura industriale al servizio di un intero territorio. Dove alberghi e ristoranti sono riforniti di tovagliati e biancheria acquistati dalle tessiture del migliore Made in Italy. Garanzie che consentono all’azienda di distinguersi in un mercato complicato, perseguendo obbiettivi di igiene, alta qualità e servizio. Con preziose raccomandazioni in tema di lotta al monouso, ambiti di competenza delle lavanderie, detergenza
“Le racconto un aneddoto fresco. Se, in fase di trattativa, io porto al potenziale cliente biancheria prelevata dal nostro magazzino, già usata e lavata, bianca e splendente come quella nuova di un’azienda concorrente, quanto meno è facile farsi un’idea sul tipo di lavaggio che la nostra azienda garantisce. Di conseguenza, anche il prezzo assume un altro significato, relativo alla qualità e alla durata del prodotto tessile diventato oggetto di fornitura… infatti, il cliente in questione ha scelto noi”.
Parola, anzi, “parole”, raccontate da un gentiluomo del XXI secolo che fa di nome Franco Ferraro. A dimostrazione che, se qualcuno cerca uno spot per la Calabria, di quelli che infondono fiducia e ottimismo su un’Italia da chiamare ancora Belpaese, la storia, nonché il presente, della lavanderia Ferraro, diventano quanto meno esemplari. Perché è una storia familiare, con salde radici nel passato di questa stupenda terra, e nello stesso tempo imprenditoriale, proiettata nel futuro grazie a conoscenze profonde, e continuamente aggiornate, di un mercato soggetto a radicali innovazioni e trasformazioni.
Tutto incomincia a metà degli anni ’70, trasferendo una famiglia di emigranti italiani dalla Svizzera del cantone dei Grigioni all’incanto di Soverato, città in provincia di Catanzaro lambita dalle acque del mar Ionio e incorniciata da ridenti colline. E’ qui che, mentre Lucio Battisti intona “Il mio canto libero” e Pietro Mennea si invola verso il record mondiale dei 200 metri, fra spiagge immacolate e ubertosi castagneti, Vincenzo Ferraro e la moglie, Barbara Battaglia, aprono il classico negozio “lavasecco”, battezzato lavanderia la Nivea.
Pochi anni di attività sono sufficienti per indicare prospettive di sviluppo su cui investire, anche grazie alla virtuosa identità familiare dell’azienda. “Io e mia moglie Loredana, assieme a mio fratello Marco, siamo entrati giovanissimi in lavanderia – conferma il figlio di Vincenzo, Franco Ferraro – e se attualmente siamo in grado di gestirla, e di aggiornarla costantemente all’evolversi dei tempi, è anche grazie alle esperienze acquisite lavorando sin da ragazzi accanto ai nostri instancabili genitori.
“D’altra parte, sembrava scritto – continua Franco Ferraro. – Basti pensare che ero un ragazzino quando, alle 7,30, prima di andare a scuola, mia madre mi chiedeva di scendere ad aprire la lavasecco per ritirare gli indumenti personali da lavare, che i clienti più mattinieri lasciavano prima di recarsi al lavoro, perché lei rimaneva ad accudire mio fratello Marco, più piccolo di me di 10 anni”.
Una dura gavetta, come si suol dire. “Tanto che nel 1977 – conferma il signor Franco – mio padre, a pochi mesi dall’avvio della lavasecco, decide di ritornare a lavorare in Svizzera, per contribuire a pagare ancora più in fretta i debiti dovuti all’avvio dell’attività”.
Nel 1982 viene ceduta la lavasecco di Soverato e, nel vicino paese di Satriano viene avviata l’attuale lavanderia artigiana ad acqua, che si rivolge esclusivamente a ristoranti, alberghi e villaggi turistici del territorio. Sono anni difficili: tanto lavoro, competenze da far crescere, fatiche da “pionieri”. “In ogni caso – racconta Franco Ferraro – io, mio fratello e Loredana, allora la mia ragazza e oggi mia moglie, siamo stati subito in grado di entrare in sintonia con i ritmi, gli obbiettivi e l’organizzazione del lavoro di una lavanderia proiettata nel futuro”. Bastano infatti pochi anni perché la Nuova Nivea inizi a trasformarsi in modo radicale, divenendo punto di riferimento per il settore turistico alberghiero, e assumendo i trend e i ritmi di una lavanderia industriale a pieno regime. Ruolo tuttora rivestito con autorevolezza e dinamismo proiettato nel futuro, a dimostrazione che quando un’impresa poggia su solide basi culturali, prima ancora che economiche, potrà affrontare ogni tipo di sfida con una marcia in più, in periodi tanto di prosperità che di crisi. “Questo è, come sappiamo, un periodo di vacche magre – spiega a questo proposito Ferraro – ma, proprio in ragione di ciò, un’impresa di solida impronta familiare possiede tutte le carte in regola per resistere e, non appena possibile, espandersi. A cominciare da quel patrimonio senza prezzo che si chiama competenze”.
“Ovvero – chiarisce l’imprenditore – un’affidabilità applicata a tutte le problematiche che stanno a cuore al cliente. Il quale oggi è quasi ossessionato dal prezzo, e dalla sua capacità di sostenerlo, ma resta nello stesso tempo sensibile ai valori di una qualità che si declina in lunga durata ed eccellenza di tipo artigianale. Quando parlo di quest’ultima, mi riferisco in particolare a linee di tovagliato e di biancheria che rendono la lavanderia Ferraro competitiva con una tessitura per quanto riguarda qualità del filato, ricami, rigature, confezione. Quando il cliente mette a fuoco risorse del genere, farà fatica a lasciarti, anche se magari proverà sempre a tirare sul prezzo”
Sugli ambiti di competenza: “In Italia urgono normative chiare, in base alle quali la gloriosa lavasecco di ieri, oggi wet and cleaning, dovrebbe operare esclusivamente nell’ambito dei servizi alla persona, mentre spetta alla lavanderia industriale erogare servizi alle imprese. Oggi un’eccessiva commistione di competenze contribuisce solo a creare una nociva confusione nell’intero settore”.
Sulla carta e il monouso in genere: “Se un hotel o un ristorante optano per l’utilizzo del monouso, devono assumersi responsabilità precise, derivare dalla scelta di non privilegiare tessuti di cotone che arrecano indiscutibili vantaggi ambientali, e garantiscono positive ricadute per un intero indotto economico. Basterebbe normare adeguatamente il riutilizzabile, ad esempio detassando con una percentuale i costi della Trasu, a discapito del monouso, per il quale vanno invece aumentate le tariffe, che altrimenti, a fine anno, i comuni spalmano su tutta la popolazione”.
Sulla detergenza: “Troppe aziende oggi sono poco incentivate a sviluppare nuovi detergenti, i cosiddetti formulati, capaci di detergere, preservando al meglio il patrimonio di biancheria. Ne conseguono vari problemi: mancata formazione delle risorse umane, chimici addetti al controllo del processo di lavaggio improvvisati e poco inclini a documentarsi, incapacità di ridurre in modo virtuosi i consumi idrici. Utilizzando lavacontinue tecnologicamente evolute occorre una specializzazione continua, alimentata dalle competenze e non dall’improvvisazione”.
Ma, fortunatamente, il presente offre anche spunti di concreto ottimismo. “A tale proposito – racconta Ferraro – sono rimasto favorevolmente impressionato dalla visita all’ultima EXPOdetergo International, dove io, mio padre e mio fratello abbiamo apprezzato gli stand dei fabbricanti di macchinari, che finalmente hanno apportato importanti innovazioni sui sistemi di controllo utilizzati nel processo di lavaggio. Ad esempio Jensen ha dotato la lavacontinua di sistemi di rilevamento dei valori chimici nelle vasche delle acque di recupero, mentre Kannegiesser ha pensato bene di installare dei filtri all’interno delle vasche di recupero delle acque di processo. Segnali evidenti che attualmente qualcosa nella detergenza non funziona”.
Battaglie tutt’altro che semplici. E Ferraro è il primo a saperlo quando racconta che “oggi dobbiamo cavarcela da soli. Come è accaduto in un passato recente alla nostra lavanderia, che si era rivolta a un centro specializzato con lo scopo di ottenere delle linee guida sulle modalità e sulle condizioni di utilizzo dei detergenti, per sentirsi rispondere che tali dati vanno richiesti direttamente ai produttori di detergenti…”.
Sconcerto naturale. Ma che, secondo Franco Ferraro, deve passare subito, “perché – spiega – è vero che domani è un altro giorno, ma è sempre meglio risolvere oggi i problemi”.