GUIDA PER LAVANDERIA — LCA, l’analisi del ciclo di vita : misurare per conoscere e migliorare

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A cura di ecochem s.r.l. e Ritex Ricerche e Prove Tessili

 La metodologia LCA (Life Cycle Assessment) nasce negli anni ’60 in risposta alla crescente preoccupazione riguardo alla limitatezza delle materie prime e delle fonti energetiche; la prima azienda a commissionare uno studio LCA è la Coca Cola, che nel 1969 analizza diverse alternative di imballaggio (vetro, plastica, alluminio) per il proprio prodotto, considerando sia il consumo di energia che la quantità e il destino ambientale dei materiali utilizzati. Nel 1997, questa metodologia è stata infine standardizzata grazie alla creazione della serie di standard ISO 14000. Al giorno d’oggi, la metodologia LCA è riconosciuta a livello internazionale e utilizzata come base informativa per la certificazione EcoLabel, la certificazione EPD e la registrazione EMAS.

L’analisi del ciclo di vita (LCA) analizza gli impatti ambientali, sulla salute e sulle risorse di un determinato prodotto o processo. Al contrario di altre metodologie, prende in considerazione l’intero ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime, ai processi produttivi, alla fase di utilizzo e infine alla gestione del rifiuto. L’approccio omnicomprensivo permette da una parte di individuare i punti critici su cui intervenire per ridurre gli impatti, dall’altra di non “spostare” questi impatti da una fase produttiva ad un’altra.

In pratica, per ogni fase del ciclo di vita del prodotto vengono valutati i relativi input (materiali, energia, macchinari…) e i relativi output (emissioni in aria, acqua, suolo…); ogni input avrà inoltre a sua volta avuto degli input e degli output, che saranno anch’essi considerati, il tutto iterativamente. Una volta completato un inventario di tutto ciò che è stato necessario per la produzione del prodotto e dei corrispondenti output si provvede a calcolare gli effetti sull’ambiente in termini di categorie di impatto, ad esempio valutando le emissioni di gas serra prodotte o la quantità di acqua prelevata durante tutto il ciclo di vita.

Tra le molte categorie di impatto è fondamentale scegliere quelle che più sono coerenti con il sistema preso in esame, senza tralasciare quelle in cui la performance potrebbe essere negativa; tra le categorie più usate troviamo il cambiamento climatico (Carbon Footprint), il consumo di acqua (Water Footprint), l’eutrofizzazione  (immissione di nutrienti nei corpi d’acqua che provoca boom algale e successiva moria della fauna acquatica), la deplezione dell’ozono stratosferico (buco nell’ozono), gli impatti tossici sugli esseri umani e sugli animali.

Essendo applicabile a qualsiasi settore, la metodologia LCA trova crescente impiego anche nel settore tessile, portando ad esempio a importanti studi di noti brand internazionali, che hanno deciso di analizzare i propri prodotti per renderne più efficienti i processi produttivi e offrire ai consumatori opzioni più sostenibili.

Uno di questi, lo studio “The Life Cycle of a Jean” di Levi Strauss ha preso in considerazione le emissioni di carbonio, il consumo di acqua, l’eutrofizzazione (vedi sopra), l’occupazione di terreno e lo sfruttamento di risorse abiotiche (energie fossili, metalli e minerali) in quanto categorie di impatto rilevanti nella produzione di un paio di jeans. I risultati dell’analisi individuano come cruciali le fasi di coltivazione del cotone (uso di acqua, pesticidi, combustibili fossili) e di utilizzo da parte del cliente (consumo di acqua ed energia per i lavaggi). A seguito di questi risultati Levi Strauss ha sviluppato un metodo innovativo di coltivazione del cotone, così da ridurne il consumo di acqua, nonché ha istituito delle iniziative di sensibilizzazione sugli effetti delle abitudini personali e sulle possibili azioni da intraprendere per ridurne l’impatto sull’ambiente.

Un altro studio, condotto da Mistra Future Fashion nel 2015, ha preso in analisi cinque capi rappresentativi delle scelte di abbigliamento degli svedesi per valutare l’incidenza del settore tessile sull’impatto ambientale nazionale. Considerando che l’impronta media di carbonio, ovvero la quantità di CO2 emessa per tutte le attività, i prodotti e i servizi usati da un cittadino svedese è di all’incirca 10 tonnellate di CO2-equivalenti all’anno, l’incidenza del settore moda è risultata “solo” di 0,25 tonnellate.

Se in proporzione può sembrare una quantità ridotta, la necessità di ridurre drasticamente le emissioni pro-capite richiede un impegno in tutti i settori per adottare tecniche più sostenibili. Come riportato dallo studio, molti capi vengono infatti gettati prima che non siano più effettivamente utilizzabili, mentre se fossero usati tre volte più a lungo (grazie a prodotti più resistenti, ma anche donando o vendendo i capi non più utilizzati ma ancora in buono stato) la quantità di emissioni di gas serra sarebbero ridotte del 65%, e il consumo di acqua del 66%!

Un’altra possibilità valutata per ridurre il consumo di acqua è la sostituzione del cotone con la fibra cellulosica Tencel; infatti, la coltivazione delle aree boschive per la produzione di questa fibra avviene in zone non sottoposte a stress idrico, e permette di riconvertire i terreni precedentemente coltivati a cotone ad altre colture, ad esempio per l’alimentazione umana o animale.

Risulta chiaro da questi esempi che, oltre ad informare gli stakeholders e stimolare l’innovazione, uno studio LCA può fornire una linea guida per orientare le scelte industriali future: comparare i potenziali nuovi prodotti prima della loro effettiva messa in produzione permette in anticipo di scegliere l’alternativa con un minore impatto e quindi più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Sono infatti le robuste basi scientifiche e l’onnicomprensività di questo metodo a garantire che, quando un’azienda decide di utilizzarlo, i risultati siano affidabili, comparabili, internazionalmente riconoscibili. Non greenwashing, quindi, ma un vero impegno per un effettivo miglioramento dei propri prodotti verso una maggiore attenzione ambientale, come sempre più richiesto dai consumatori di tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RIVISTA DETERGO

MAGGIO 2017