Con il termine “capo tecnico” si intende un particolare tipo di abbigliamento realizzato con tecnologie e materiali ad-hoc che garantiscano un buon confort all’utilizzatore in condizioni specifiche. Ad esempio sono capi tecnici quelli utilizzati per condizioni atmosferiche di alta quota, per basse temperature, e per attività sportive in genere. Le caratteristiche principali che un buon capo tecnico deve possedere sono quindi la traspirabilità al sudore, l’idrorepellenza, la capacità di proteggere dal vento, le proprietà isolanti, la leggerezza, ecc…
In questo articolo vedremo nel dettaglio la proprietà dell’idrorepellenza; come si ottiene, come si misura, e riporteremo alcuni casi reali che mettono in evidenza come sia possibile che questa importante proprietà venga meno a causa della manutenzione.
Cos’è l’idrorepellenza e perché è importante?
L’idrorepellenza (o WR, Water Repellency) è la tendenza a far scivolare via le gocce di acqua dalla superficie del tessuto quando questo è sottoposto a bagnatura leggera. La condizione ideale è che questa caratteristica sia mantenuta per tutta la vita del prodotto. Perché è così importante questa proprietà? Perché i tessuti bagnati, oltre ad essere molto più pesanti, conducono il calore 3 volte più velocemente dei vestiti asciutti, disperdendo così il calore corporeo. Evitando che l’acqua penetri, il nostro sistema di abbigliamento impermeabile impedisce questa perdita di calore. In presenza di un capo tecnico di buona qualità, si rimane quindi asciutti anche durante un uso prolungato e in condizioni estreme.
Un po’ di chimica…
Come si ottiene l’idrorepellenza? Essa si ottiene applicando sul tessuto un prodotto chimico che impedisca alle gocce di appiattirsi e bagnare il tessuto. I prodotti più idonei a dare questo effetto sono tipicamente le resine fluorocarboniche, che dal punto di vista chimico sono composte da molecole in cui i legami carbonio-idrogeno sono sostituiti da legami carbonio-fluoro, come nell’immagine a fianco. Questa struttura chimica conferisce ai composti perfluorurati una elevata stabilità termica e chimica, ed una eccezionale idrofobicità (repulsione per l’acqua) e lipofobicità (repulsione per i grassi). In questo modo le molecole di acqua e grasso non riescono a penetrare e ad arrivare al tessuto. Purtroppo però oggi queste molecole sono note per la loro tossicità verso piante ed animali e per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni. Infatti, proprio grazie alla loro elevata stabilità chimica, risultano resistenti alle degradazioni naturali (fotolitica, idrolitica, biotica aerobica o anaerobica) e quindi bioaccumulabili.
Per questo motivo la ricerca si sta muovendo al fine di individuare delle alternative ai composti perfluorurati ma, qualunque sia la soluzione chimico-tecnologica che verrà adottata, è sicuramente previsto un calo nelle prestazioni di idrorepellenza di questi nuovi composti.
- Come si misura l’idrorepellenza? Lo “Spray test”
Il metodo per la determinazione dell’idrorepellenza è comunemente spray test è il metodo ufficiale (UNI EN ISO 4920) col quale si determina la resistenza alla bagnatura superficiale con acqua. L’apparecchio utilizzato, mostrato nella figura a fianco, permette di spruzzare uno specifico volume di acqua sul tessuto posizionato ad una certa distanza e angolatura rispetto al getto d’acqua.
Al termine della prova si effettua una valutazione visiva e si assegna un risultato numerico che va da 0 (tessuto completamente bagnato) a 5 (tessuto perfettamente asciutto) in base al grado di bagnatura del tessuto.
- La perdita di idrorepellenza coi lavaggi
E’ importante sottolineare che il trattamento dei tessuti con resine fluorocarboniche, o altri composti alternativi, non è permanente ma tende ad essere rimosso con i lavaggi, e di conseguenza, in seguito alla manutenzione, l’idrorepellenza tende ad abbassarsi, e questo abbassamento è particolarmente significativo con il lavaggio in solvente. Vediamo di seguito il caso, registrato in laboratorio, di un tessuto, inizialmente molto idrorepellente, che risulta avere una prestazione ancora abbastanza buona dopo lavaggio con acqua, mentre perde praticamente totalmente le sue caratteristiche idrorepellenti dopo il lavaggio a secco.
Questo accade perché lo sfregamento che si verifica sul tessuto durante il lavaggio, sia in acqua che in solvente, disorienta le catene fluorocarboniche che, non essendo più parallele le une alle altre, sono meno efficaci nel fare da scudo alle gocce d’acqua. In particolare il lavaggio con solvente provoca anche la parziale solubilizzazione del trattamento del tessuto e quindi la perdita dell’effetto antigoccia.
RIVISTA DETERGO
SETTEMBRE 2016