Le linee guida per datori di lavoro e i lavoratori dal 15 ottobre prossimo. Adempimenti, obblighi e sanzioni. I soggetti deputati al controllo. Disciplina per le piccole e per le grandi aziende. L’adozione del Green pass e i riflessi sul trattamento dei dati personali
Via libera del Consiglio dei ministri, all’unanimità, al decreto legge green pass per tutti i lavoratori. Dal 15 ottobre è scattato l’obbligo del certificato verde per accedere a tutti i luoghi di lavoro, pubblici (interessato anche il personale di Autorità indipendenti, Consob, Covip, Banca d’Italia, enti pubblici economici e organi di rilevanza costituzionale) e privati (uffici, fabbriche, officine, studi professionali, ecc.).
È quanto prevede il Decreto Legge n. 127/2021 (“Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening”), varato dal Consiglio dei ministri il 16 settembre 2021.
Tutti i lavoratori coinvolti
L’obbligo di Green pass per l’ingresso nei luoghi di lavoro vale per tutti i lavoratori privati. Sono pertanto inclusi, oltre che i dipendenti delle aziende, anche i lavoratori autonomi e i collaboratori familiari (badanti, colf e baby sitter).
Inoltre, l’obbligo è esteso ai soggetti, anche esterni, che svolgono a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa o formativa, come per esempio gli stagisti.
Sono esclusi solo «i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della Salute.
Chi controlla
Sono i datori di lavoro i soggetti tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni, con obbligo di definire entro il prossimo 15 ottobre 2021 le modalità per l’organizzazione delle verifiche. I controlli saranno effettuati preferibilmente all’accesso ai luoghi di lavoro e, nel caso, anche a campione.
Sempre entro il termine fissato, i datori di lavoro inoltre dovranno individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle eventuali violazioni. Nel privato si potrebbe utilizzare la app «VerifiCa19» già impiegata per treni e ristoranti mentre nel pubblico si potrebbe impiegare la app già sviluppata per le verifiche nelle scuole.
Senza green pass lavoro sospeso e nessuna retribuzione
Il dipendente della Pubblica Amministrazione che risulta privo di Green pass è considerato assente ingiustificato e a decorrere dal quinto giorno di assenza è sospeso dal rapporto di lavoro fino a quando non si mette in regola con la certificazione. Nel privato invece il lavoratore è sospeso dalla prestazione lavorativa, fin dal primo giorno di mancata esibizione del Green pass. In entrambi i casi non ci sono conseguenze disciplinari e si mantiene il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per quanto riguarda lo stipendio lo stop scatta subito sia nel privato che nel pubblico. La conferma ufficiale è arrivata con un aggiornamento del comunicato stampa del CdM nella quale si spiega che lo stop allo stipendio scatta fin dal primo giorno per i lavoratori del pubblico e del privato che non abbiano il certificato verde.
Per le aziende con meno di 15 dipendenti, è prevista una disciplina volta a consentire al datore di lavoro a sostituire temporaneamente il lavoratore privo di Certificato Verde.
Aziende con meno di 15 dipendenti – alcune difficoltà interpretative
Difficoltà interpretative emergono dalla disposizione contenuta del comma 7 dell’articolo 3 del D.L. 127 2021 che introduce una disciplina specifica per le imprese con meno di 15 dipendenti.
La norma non va a scalfire la regola generale per cui il dipendente privo di green pass non può accedere al luogo di lavoro ed è considerato assente ingiustificato e non percepisce la retribuzione.
La differenza rispetto alle aziende di dimensioni maggiori riguarda unicamente la possibilità di sostituzione del lavoratore assente ingiustificato con un lavoratore assunto (o somministrato) a termine.
Si tratta di una disposizione certamente agevolativa che non è priva, però, di alcune criticità gestionali, posto che il lavoratore sostituito potrebbe anche in pochi giorni dotarsi di Green Pass anche solo facendo un tampone e ripresentarsi al lavoro, magari replicando ciclicamente questa modalità, venendo così a generare un problema di gestione organizzativa in aziende prive di uno strutturato ufficio del personale in grado di fare fronte alle conseguenti attività amministrative.
Dopo cinque giorni di assenza ingiustificata, dispone la norma, il datore può stipulare un contratto a termine per la sostituzione del dipendente privo di Green Pass sospendendo il lavoratore assente per un periodo non superiore a dieci giorni.
Dalla lettura della disposizione, sembra derivare che il lavoratore sostituito che sia entrato nel frattempo in possesso del Green, per dieci giorni non possa rientrare al lavoro e continui a rimanere sospeso senza retribuzione. Ne consegue che in quei dieci giorni rimane e viene retribuito solo il sostituto e il datore di lavoro non sopporta il rischio di una sostituzione di durata inferiore o di pagare contemporaneamente il dipendente sospeso e il suo sostituto temporaneo.
Trascorsi i primi dieci giorni, se il lavoratore sostituito continua a non avere il Green Pass, la sostituzione con sospensione può continuare per ulteriori dieci giorni con una conseguente proroga del contratto a termine con il sostituto.
Decorso anche tale termine, ritornano ad applicarsi le regole generali di sostituzione del lavoratore assente, indipendentemente dalle dimensioni aziendali.
Se questa prima interpretazione della norma corrisponde alle effettive intenzioni del legislatore, non si può non rilevare che la limitazione della possibilità di sospensione a soli dieci giorni e, soprattutto, la facoltà di rinnovo per un’unica volta, renda l’agevolazione introdotta per le piccole aziende piuttosto modesta, considerato il consistente lasso temporale che separa la data di entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass – 15 ottobre 2021 – e termine dello Stato di Emergenza, stabilito, salvo proroghe, per il 31 dicembre 2021.
Multe per lavoratori e datori di lavoro
Sul piano sanzionatorio, è prevista la sanzione pecuniaria da 600 a 1500 euro per i lavoratori che accedono al luogo di lavoro senza Green Pass. Per i datori di lavoro che non abbiano invece verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le modalità di verifica è invece prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.
Tamponi a prezzo calmierato
Quanto ai tamponi per ottenere la certificazione verde saranno a carico dei lavoratori ma si va verso un obbligo generalizzato per le farmacie di praticare prezzi calmierati per i tamponi. Il costo fino al 31 dicembre sarà di 8 euro per i minorenni, 15 euro per i maggiorenni. L’obbligo, viene spiegato, porterà a un incremento del numero delle farmacie che praticano i prezzi calmierati. Ma non è stata accolta la richiesta dei sindacati di tamponi gratis per tutti. Azzerare il costo secondo il governo potrebbe annullare l’incentivo alla vaccinazione costituito dal green pass. Tamponi gratis solo per chi è esentato dalla vaccinazione con apposita certificazione medica.
Alle farmacie che non praticheranno prezzi calmierati si applicherà la sanzione amministrativa da euro 1000 a euro 10.000 e il Prefetto territorialmente competente, tenendo conto delle esigenze della continuità del servizio di assistenza farmaceutica, potrà disporre la chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni.
Green pass subito a guariti dopo la dose di vaccino
Le persone guarite dal Covid non dovranno inoltre più attendere 15 giorni dalla vaccinazione anti Covid per avere il green pass, ma lo otterranno subito dopo la somministrazione. Inoltre, per chiunque si contagi 14 giorni dopo la somministrazione della prima dose o dopo la doppia iniezione è rilasciata una nuova certificazione verde che avrà «una validità di dodici mesi a decorrere dall’avvenuta guarigione».
Validità esiti tamponi molecolari
E’ anche prevista l’estensione della durata del tampone molecolare – anche salivare – ai fini del green pass che viene portata da 48 ore a 72 ore. La novità a cui il Governo ha dato il suo via libera non è entrata nel decreto ma in un emendamento approvato in commissione Affari Costituzionali della Camera al secondo decreto sul green pass. Modifica che prevede appunto che il green pass rilasciato sulla base di un test ha una validità di 48 ore dall’esecuzione del test «antigenico rapido e di 72 ore dall’esecuzione del test molecolare»
Green pass: gli adempimenti Privacy
Un tema ancora poco trattato riguarda le prescrizioni in materia di protezione dei dati personali che i Titolari del trattamento tenuti alla verifica della certificazione verde sono obbligati a rispettare.
Certificazione verde COVID-19
La certificazione verde COVID-19, meglio nota come “Green Pass” nasce per facilitare la libera circolazione in sicurezza dei cittadini nell’Unione Europea durante la pandemia di COVID-19. Consentendo al suo possessore di dimostrare di essersi sottoposto a vaccino, di essere negativo al test a seguito di tampone o di essere guarito dal COVID-19.
La certificazione contiene un QR code che permette di verificarne l’autenticità e la validità in tutta l’Unione Europea, oltre che in Svizzera, Islanda, Norvegia e Lichtenstein. In Italia, la certificazione viene emessa esclusivamente attraverso la Piattaforma Nazionale del Ministero della Salute in formato digitale e/o stampabile.
I Titolari del trattamento tenuti alla verifica della certificazione verde sono obbligati al rispetto delle prescrizioni in materia di protezione dei dati personali. La verifica del QR-code contenuta nel Green Pass comporta, infatti, un trattamento di dati personali, le cui modalità di verifica sono state espressamente normate da DPCM 17 giugno 2021, le cui prescrizioni si ritiene siano applicabili anche dopo l’entrata in vigore del D.L. 127/2021 che prescrive, fra l’altro, l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro a partire dal 15 ottobre.
La Certificazione verde COVID-19 è richiesta in Italia per accedere ai luoghi di lavoro, partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture e permanere nelle sale di aspetto di pronto soccorso e reparti ospedalieri, spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”, accedere ai seguenti servizi e attività: ristoranti al chiuso; spettacoli, eventi e competizioni sportivi; musei; piscine, palestre limitatamente alle attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione; sale gioco; concorsi pubblici.
Dal 1° settembre u.s. è necessario possedere il green pass per viaggiare in aereo, in treni InterCity o Alta velocità; in autobus con percorso che collega più di due regioni ma anche per accedere a scuole e università per alunni sopra i 12 anni, personale docente e non docente.
L’art. 3 del DPCM citato stabilisce che, “Le certificazioni verdi COVID-19, rilasciate dalla Piattaforma nazionale-DGC, riportano i seguenti dati generali comuni a tutte e tre le tipologie di certificazioni:
cognome e nome, data di nascita, malattia o agente bersaglio, soggetto che ha rilasciato la certificazione verde COVID-19: Ministero della salute, identificativo univoco della certificazione verde COVID-19.
La certificazione verde di avvenuta vaccinazione riporta altresì le seguenti indicazioni: tipo di vaccino somministrato, denominazione del vaccino, produttore o titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino, numero della dose effettuata e numero totale di dosi previste per l’intestatario della certificazione verde COVID-19, data dell’ultima somministrazione effettuata, Stato in cui è stata effettuata la vaccinazione.
La certificazione verde COVID-19 di avvenuta guarigione riporta altresì le seguenti indicazioni: data del primo test molecolare positivo; Stato che ha effettuato il primo test molecolare positivo; data inizio validità della certificazione verde COVID-19; data fine validità della certificazione verde COVID-19.
La certificazione verde COVID-19 di test antigenico rapido o molecolare con esito negativo riporta altresì le seguenti indicazioni: tipo del test; nome del test (facoltativo per test molecolare); produttore del test (facoltativo per test molecolare); data e ora del prelievo del campione per il test; risultato del test; centro o struttura in cui è stato eseguito il test; Stato in cui è stato effettuato il test”.
Gli incaricati al trattamento
Da quanto sopra, discende l’esigenza di calibrare le attività di verifica attraverso l’adozione di misure di sicurezza idonee a garantire la tutela della riservatezza dell’interessato.
Ai sensi dell’art. 13 del medesimo DPCM, “la verifica delle certificazioni verdi COVID-19 è effettuata mediante la lettura del codice a barre bidimensionale, utilizzando esclusivamente l’applicazione mobile descritta nell’allegato B (VerificaC19) che consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’intestatario, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione.
Alla verifica di cui al comma 1 sono deputati:
- i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni;
- il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi;
- c) i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonché i loro delegati;
- d) il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonché i loro delegati;
- i vettori aerei, marittimi e terrestri, nonché i loro delegati;
- i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali per l’accesso alle quali, in qualità di visitatori, sia prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonché i loro delegati.
Come ha chiarito il Ministero dell’Interno con la Circolare interpretativa del 10 agosto 2021, non è obbligatorio richiedere l’esibizione del documento di identità per verificare la rispondenza dei dati personali della certificazione all’intestatario della certificazione verde COVID-19.
Questa attività è infatti rimessa ai verificatori i quali certamente ne sono tenuti allorquando vi sia discrepanza evidente tra la fisionomia del possessore del certificato ed i dati anagrafici contenuti nella certificazione. Né l’avventore potrà legittimamente opporsi alla presentazione del proprio documento tutte le volte in cui a richiederglielo sia un rappresentante delle categorie sopra menzionate. Vigileranno sulla correttezza delle operazioni di verifica il personale delle forze di polizia e dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza ai quali spetta il potere di elevare sanzioni amministrative da euro 400 a euro 3.000.
La norma si preoccupa anche di stabilire che tutti i soggetti delegati di cui alle lettere c), d), e) ed f) del comma 2 debbano essere incaricati con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica.
Tale atto, redatto ai sensi del combinato disposto dell’art. 29 del Regolamento Europeo 679/2016 (GDPR) e dell’art. 2 quaterdecies del Codice della Privacy recherà le necessarie istruzioni sull’esercizio delle attività di verifica e avrà cura di indicare, in particolare, le modalità ritenute idonee a tutelare la riservatezza della persona nei confronti dei terzi durante il controllo del green pass ed, eventualmente, del documento di identità.
A questo proposito, il Titolare sarà titolato a sottoporre l’incaricato ad una formazione specifica circa il “nuovo” trattamento che è stato chiamato a compiere. Occorrerà quindi verificare in concreto le modalità con le quali la verifica viene effettuata, se gli spazi ove si procede a verifica sono idonei a garantire la riservatezza dei dati, quali misure di sicurezza sono state adottate sul dispositivo prescelto per la verifica. Considerando che la app VerificaC19 è stata realizzata anche per funzionare off line, potrebbe essere considerata una valida misura di sicurezza quella di adottare un dispositivo non più connesso alla rete ed adibito in via esclusiva allo scopo.
Le informative sul trattamento dei dati
Al fine di garantire il rispetto del principio di trasparenza (art. 5 GDPR), il Titolare dovrà rendere ai soggetti interessati adeguata informativa (art. 13 GDPR ) relativa al trattamento dei dati effettuato tramite la verifica del Green Pass.
Tale informativa potrà contenere le seguenti informazioni:
- l’identità e i dati di contatto del Titolare del trattamento e, ove nominato, del suo Dpo;
- le finalità che saranno necessariamente connesse e strumentali alla gestione del contagio da COVID-19;
- la base giuridica del trattamento che è da individuarsi nella necessità di adempiere a un obbligo legale al quale il Titolare è soggetto ( 6 lett. c. GDPR ) e nella specie il DPCM in commento;
- il periodo di conservazione dei dati personali laddove è corretto indicare che non vengono conservati dati personali;
- l’indicazione dei diritti dell’interessato indicati agli 15-22 GDPR ;
- il diritto di proporre reclamo a un’autorità di controllo;
- l’indicazione della necessità di sottoporsi a verifica per poter accedere ai locali o usufruire dei servizi offerti pena l’impossibilità da parte del Titolare del Trattamento di adempiere a un obbligo di legge e, conseguentemente,
- l’impossibilità di consentire l’accesso ed infine l’assenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione.
Tale informativa dovrà avere la più ampia diffusione possibile. Dovrà essere esposta nei pressi del luogo ove viene effettuata la rilevazione per consentire agli interessati di poterla consultare, oltre che sul sito internet, ove presente.
Aggiornamento del registro dei trattamenti
Il trattamento di verifica della certificazione verde deve essere annotato sul registro dei trattamenti (art. 30 GDPR ) che, trattandosi del principale strumento per dimostrare l’accountability del Titolare (art. 5 GDPR ) dovrà necessariamente contenere i seguenti dati.
- nome e dati di contatto del Titolare, di eventuali contitolari, del responsabile del trattamento e del Dpo (ove nominato)
- le finalità
- una descrizione delle categorie di interessati e delle categorie di dati personali
- le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, compresi i destinatari di paesi terzi od organizzazioni internazionali
- i termini ultimi previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati (nel caso di contact tracing potrebbe essere corretto indicare quale termine ultimo la fine dello stato di emergenza) ed infine
- una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32, paragrafo 1.
Ciò anche se l’art. 13 co. 5 del DPCM cit. stabilisce che “L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma”.
Sul punto il Garante si è ampiamente pronunciato anche redarguendo l’abitudine da più fronti stigmatizzata dei proprietari di palestre e centri sportivi che, al comprensibile fine di semplificare le operazioni di ingresso ai propri clienti e dipendenti tenevano traccia dei nominativi già in possesso del green pass e della loro scadenza così da esimere i soggetti da controlli ad ogni ingresso alla struttura.
Tale comportamento è infatti vietato in quanto non è consentito ai Titolari del trattamento conservare i dati dell’interessato. L’unico soggetto deputato alla conservazione è il Ministro della Salute in qualità di titolare del trattamento. La conservazione dei dati è determinata dal comma 1 dell’art. 16 del DPCM in parola e coincide con il periodo di validità delle certificazioni medesime.
Caso distinto, invece, è quello delle scuole che poco prima della loro riapertura possono contare nell’ambito del Sistema Informativo dell’Istruzione (SIDI), su una specifica funzionalità che permette ai Dirigenti Scolastici di accertare istantaneamente – mediante un’interazione tra il Sistema informativo dell’istruzione-SIDI e la Piattaforma Nazionale-DGC – la validità del Green Pass per il personale docente e ATA a tempo indeterminato e determinato in servizio presso ogni singola Istituzione scolastica statale.