Al congresso mondiale di Bruges focus sulle enormi potenzialità, ancora da sfruttare, di un indotto che può moltiplicare fatturati miliardari tanto in Europa che in America. A patto di saper adeguare tecnologie e marketing a una domanda che non si basa più su risorse illimitate. La visita a un’impresa belga d’avanguardia ha concluso una manifestazione internazionale segnata da partecipazione italiana molto contenuta
Un mercato dalle potenzialità straordinarie, quello della lavanderia industriale. Che nei soli Stati Uniti vale oggi oltre 19 miliardi di dollari, a fronte di una potenzialità di almeno 28, secondo quanto afferma David Potack, presidente dell’autorevole Textile Rental Services Association. E che, per quanto riguarda l’Europa, punta almeno a raddoppiare in tempi brevi gli 11 miliardi di euro del fatturato 2012 di tessile a noleggio citato da Juha Laurio, presidente della multinazionale finlandese Lindstrom Group.
Ecco i numeri che danno la ragione principale del congresso mondiale delle lavanderie industriali, proposto a Bruges dal 5 al 7 ottobre scorsi dalle organizzazioni Trsa, Etsa e Fbt (World Textile Services Congress). Sono i numeri relativi a un indotto del tessile, tramite i servizi di lavanderia, dalle potenzialità oggi così palpabili, ma anche articolate, da rendere necessari eventi del genere, meglio ancora se organizzati a Bruges, incantevole “Venezia del Belgio” che si trova a due ore di macchina dalla Bruxelles del Consiglio d’Europa.
Da Bruxelles è puntualmente arrivato, ad aprire la sessione di lavori del congresso, Herman Van Rompuy, belga, presidente emerito del Consiglio europeo dal 2009 al 2014, latore di un preciso messaggio rivolto alle lavanderie industriali di tutto il mondo da parte dell’establishment politico ed economico che oggi governa processi di avanzata globalizzazione diffusi nei cinque continenti. “Datevi regole e coordinate per quanto possibile le strategie di sviluppo verso obbiettivi condivisi” – è la sintesi di quanto Van Rompuy ha detto ai 163 congressisti convenuti a Bruges in rappresentanza di imprese e associazioni di 11 Paesi europei oltre a Stati Uniti e Canada.
Filo conduttore che ha intrecciato i vari interventi del congresso, rafforzando il senso di un così chiaro messaggio d’apertura, è stato quello della “domanda”. Da qualsiasi parte vi voltiate, è stato in sintesi espresso ai presenti, avete la possibilità di intercettare bisogni relativi a servizi massicci, continuativi, da soddisfare grazie a profonde e sempre aggiornate conoscenze di un mercato post-crisi che ha caratteristiche tendenzialmente leggere, liquide, mutevoli.
“Guardiamo per esempio alla sanità, e a quanto radicalmente sta cambiando faccia e modelli di riferimento in tutto il mondo” è l’invito espresso ai presenti da Mia Decaestecker, presidente di un colosso belga della lavanderia come il gruppo Malysse-Sterima. E precisa: “La necessità inderogabile di abbattere le spese sta portando a ospedali sempre più digitali, organizzati per curare a casa anziché nei reparti. Nello stesso tempo, i budget della sanità pubblica saranno sottoposti a continue revisioni dettate dalla spending rewiew, per cui è ipotizzabile la nascita di potenti gruppi sanitari in grado di accorpare risorse per meglio distribuirle sul territorio. Anche l’indotto della lavanderia è chiamato a conformarsi a questa nuova domanda proveniente dalla sanità, sperimentando nuove sinergie e modelli di servizio”.
“C’è sicuramente una ripresa di domanda dopo la terribile crisi del 2008” incalza Charlie Betteridge, vicepresidente di Christeyns, multinazionale belga che realizza prodotti e servizi per la lavanderia. E continua: “Ma è una domanda che, sulla base di budget più ferrei, cerca punti di intersezione fra crescita qualitativa e prezzi ritenuti congrui, accessibili. Siamo di fronte a una sfida difficile, quanto affascinante”. Punto di vista che, puntato sulla sfida, sembra dare le ali agli interventi suggestivi, di tre “big” della lavanderia mondiale.
Uno è Martin Kannegiesser, presidente dell’omonimo gruppo tedesco, pronto a esprimere che “la forza lavoro non va mai intesa come il costo maggiore per un’impresa, ed è al contrario da intendere come la sua principale risorsa”.
L’altro è Jesper Munch Jensen, presidente del danese Jensen Group, che ha sottolineato la forza irrinunciabile dell’innovazione, rammentando quanto spesso la sua forza profetica venga sottovalutata, come ci dimostrano i casi di due geni di nome Steve Jobs, nel campo dell’informatica, e quel Nikola Tesla, fisico di cui riprende il nome un nascente colosso americano dell’auto elettrica.
Infine, di sicuro, l’immagine di quest’azienda, così perfettamente organizzata a misura di operatore, è sembrato il migliore spot per quella cultura della “Safety”, sicurezza e salute, a cui ha ispirato il proprio intervento Sam de Boo, vicepresidente di un colosso della chimica come Ecolab Europa.
Spunti e prospettive del congresso hanno fatto da cartina di tornasole alle visite sul campo che i partecipanti hanno potuto compiere in lavanderie della zona di Bruges. Come la Dumoulin, ammirata da chi l’ha visitata per l’essenziale e rigorosa ergonomia in base a cui separa le linee del sanitario e degli abiti da lavoro, nonché per la sofisticata tecnologia dei nastri trasportatori sospesi.
Ultimo rilievo riguarda la partecipazione italiana a questo evento congressuale. Oltre alla nostra rivista Detergo, distribuita ai presenti in rappresentanza di EXPOdetergo International e Assofornitori, si segnalava l’unica iscrizione di Bernald Leone, presidente del gruppo italo-albanese Ish. Un vuoto che si è inevitabilmente riflesso nell’andamento del congresso, dove nessun intervento è stato a cura di relatori italiani, e dove uno dei tre intermezzi comici proposti dal programma, con enorme successo di pubblico, riguardava Berlusconi e il non felice momento storico a lui collegato del Bunga Bunga.
Note a margine, ma forse non secondarie per chi, operando nella lavanderia, ha a cuore l’immagine del proprio Paese.
Detergo Rivista – Ottobre 2016
Rivista Detergo – ottobre 2016