Come anticipazione del Webinar organizzato da Detergo Magazine e AIFL in collaborazione con ErgoCert – “Misurare l’ergonomia. Dalla valutazione alla certificazione ergonomica dei macchinari” del 9 marzo alle 14.30 – intervistiamo Marco Bordignon, Responsabile Tecnico di ErgoCert, per fare il punto sui temi ergonomici, in particolare nella manutenzione tessile. Come coniugare la tutela della salute del lavoratore e la redditività dell’impresa? In che cosa consiste la misurazione ergonomica? Nell’interazione uomo/macchina il rispetto dei principi ergonomici può determinare un miglioramento dell’organizzazione di lavoro?

Partiamo subito con la prima macro domanda. L’ergonomia è un tassello importante della sicurezza sul lavoro. È però possibile guardare l’ergonomia anche da una prospettiva diversa rispetto a quella tradizionale, cioè quella dell’efficientamento organizzativo?

In Italia esiste un legame storico molto forte tra ergonomia e sicurezza, declinata come valutazione del sovraccarico biomeccanico. Questo binomio altrove è meno sentito e caratterizzato. Non tutti tuttavia sanno o ricordano che l’ergonomia è quella disciplina che cerca di combinare le performance del sistema e il benessere dei lavoratori, nella sostanza mirando a produrre di più lavorando meglio. Questa è proprio la definizione data dalla Società Internazionale di Ergonomia (IEA), che non pone i due aspetti come dicotomici. In Italia, avendo organi di controllo più attenti che altrove, si tende a focalizzarsi sul lato prevenzionistico (tutela della salute), con particolare riferimento alla riduzione delle problematiche che tendono ad emergere per effetto dell’esposizione cumulativa ad attività lavorative impegnative dal punto di vista fisico.

Ma chi è titolato a parlare di salute e sicurezza nell’ambito di un’azienda?
Per quanto riguarda salute e sicurezza è evidente che la persona più titolata sia RSPP (Responsabile del servizio prevenzione e protezione in azienda). Mentre se poniamo l’attenzione sulla produttività a rispondere principalmente dovrebbe essere l’ambito dell’engineering, o gli uffici tecnici. L’attore aziendale che si occupa di ergonomia in azienda denota anche la maturità aziendale sul tema.

Esiste un modello teorico “la curva di maturità ergonomica delle aziende” che definisce la maturità delle aziende anche in base all’interlocutore che ne ha competenza diretta. Se la competenza è affidata unicamente all’ufficio sicurezza o al medico competente è chiaro che il problema si è già palesato e l’azienda sta adottando un approccio reattivo alla problematica. Se di ergonomia si interloquisce con uffici deputati alla progettazione ed alla produzione in senso più stretto, allora è possibile introdurre dinamiche nuove e proattive. Ad esempio in Lamborghini, nella quale stiamo svolgendo alcuni studi, il reparto produttivo e quello più strettamente legato alla sicurezza dialogano in modo fecondo sul tema.

Quale ruolo svolge l’ergonomia nell’ambito delle lavanderie?
Partiamo dal rischio intrinseco per le mani, le spalle, la schiena di un operatore di lavanderia industriale. L’INAIL (in Italia) che è l’ente deputato a monitorare gli aspetti di rischio ergonomico delle attività è anche l’organismo che eroga gli indennizzi relativi alla malattia professionale (nel caso si possa dimostrare la correlazione tra infortunio e inadempienze dal lato della sicurezza). Anche a livello artigianale il rischio intrinseco è molto alto, è molto meno tracciato e meno tracciabile, ma sussiste. Alcune grandi lavanderie hanno già iniziato ad affrontare il problema. Dal lato delle aziende, nell’ambito della manutenzione tessile, riscontriamo un crescente interesse, anche se è necessario operare una svolta, un salto culturale.

La presa di consapevolezza, di solito, parte proprio dalle lavanderie, che chiedono ai produttori degli standard ergonomici più elevati. Il decreto legislativo sulla sicurezza (D.Lgs.81/08) definisce “il rispetto dei principi ergonomici nella progettazione dei posti di lavoro”. Qual è il problema? Che il decreto non definisce capillarmente cosa siano i principi ergonomici, lasciando ampia marginalità di interpretazione e soprattutto non viene adeguatamente sanzionata la mancata applicazione. E questo determina una impasse. Il rispetto dei principi ergonomici è definito in modo cogente anche dalla direttiva macchine e pertanto dovrebbe essere richiesto da chi acquisisce e fornito da chi progetta, cosa che spesso non avviene.

Come si deve procedere concretamente per raggiungere i parametri ergonomici, quali sono le tappe fondamentali?
Definire una macchina in termini ergonomici vuol dire andare a valutare utenti (chi svolge una determinata attività), cosa fa (task) e dove lo fa (ambiente). Molto spesso alcune attività vengono svolte da donne ed il dimensionamento dei macchinari non è idonea ai principi ergonomici perché le macchine non consentono un adattamento alla dimensione corporea dell’operatore o dell’operatrice. Parliamo di attività ripetitive, svolte per il 70% da donne, che hanno mediamente un’altezza inferiore rispetto all’uomo, ma anche dotate di una forza inferiore. Naturalmente è necessario procedere ad una misurazione sul campo, l’interazione fisica, le posture e gli sforzi. Un tempo non era misurabile e si poteva operare con analisi video o delle interviste.

Consideriamo, inoltre, che gli interventi ergonomici hanno quattro riflessi monetizzabili secondo uno studio effettuato dal Dipartimento del lavoro e dell’industria dello Stato di Washington:
– calo dei disturbi muscolo-scheletrici
– riduzione delle assenze per malattia
– riduzione dei risarcimenti del danno
– incremento della produttività

Ci possono essere modelli differenti di monetizzazione dell’ergonomia (ROI), così come i tempi di ammortamento, ma nella sostanza è risaputo che l’investimento in ergonomia porti redditività all’organizzazione aziendale. Consideriamo poi due problemi che diventeranno sistemici e che stanno creando già alcuni grattacapi al sistema nazione nel suo complesso, così anche alle aziende: la professionalità da tutelare come bene prezioso, considerando che alcuni mestieri o non vogliono essere più svolti o comunque non si trovano figure idonee a ricoprire determinate ruoli; ma anche l’invecchiamento della popolazione – con il progressivo incremento dell’età pensionabile – determinerà un innalzamento dell’età media dei lavoratori i quali andranno preservati con maggiore attenzione, anche alla luce dei target produttivi richiesti. •

 

 

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Di Marzio Nava
Rivista DETERGO # Febbraio 2023