La difficoltà sanitaria che stiamo vivendo, tra i numerosi problemi, ha fatto emergere anche quello, non marginale, dell’analfabetismo digitale. L’occasione di approfondimento ci è data dall’illustrazione alla stampa, martedì 1° dicembre, del “Rapporto sulla trasformazione digitale dell’Italia” elaborato dal Censis in collaborazione con il Centro studi di Tim (Telecom Italia Mobile). Una fotografia dell’Italia digitale, dunque.

E l’immagine plastica che lo studio tratteggia, è quella del Giano Bifronte, cioè un’antica divinità italica e romana, il primo dio romano che, secondo la mitologia classica, era giunto a Roma via mare dalla Tessaglia, nonché la principale divinità del Pantheon. Tale divinità all’interno della società romana aveva un enorme importanza essendo il custode di ogni forma di mutamento, e il protettore di tutto ciò che concerne una fine e un nuovo inizio.

Ritornando allo studio, se da un lato, possiamo contare su una infrastruttura in linea con la media europea, in termini di copertura e connettività, dall’altro lato, l’indice di utilizzo e le capacità digitali ci collocano tra gli ultimi Paesi europei. Solo il 74% della popolazione usa internet e il 17% non sa neanche cosa sia. Un’Italia che viaggia a due velocità: il centro nord è sui livelli europei, mentre il centro sud arranca. Un’ulteriore differenza è tra le grandi città che hanno alte performance, dai piccoli centri che, invece, fanno molta più fatica.

Il problema è sotto gli occhi di tutti, in quanto c’è una stretta correlazione tra alfabetizzazione digitale, progresso tecnologico e crescita economica. Lo vediamo quotidianamente anche nel nostro settore: le macchine per il lavaggio, ma anche quelle per lo stiro professionale, sono quasi tutte dotate di touch screen, attraverso il quale è possibile, non solo manovrare abilmente la macchina, ma anche ricevere report e comunicazioni dal produttore, informazioni essenziali per la funzionalità, l’efficienza e la durata della macchina stessa. Ma il digitale è esteso, dalla logistica di lavanderia, alla produzione dei tessuti, fino alla realizzazione di prodotti chimici green ed ecocompatibili.

Certo, il lockdown ci ha permesso in parte, di ridurre il gap con altri paesi, perché durante i mesi di isolamento, tra lo smart working e la didattica a distanza, siamo diventati un po’ più digitali. Tuttavia anche come ha messo in luce la Commissione europea che ha curato un’analisi sull’economia digitale dei 28 Paesi dell’Unione, il nostro Paese risulta tra gli ultimi, collocandosi nella preoccupante 25esima posizione.

E’ necessario un colpo d’ala, è essenziale mettere subito benzina nel motore digitale, in particolare per sviluppare un nuovo capitale umano digitale.

Il digitale vuol dire vantaggio competitivo e conquista di nuovi mercati.

Auguri di buone feste!

Marzio Nava
Direttore Rivista Detergo
Dicembre 2020