Reso disponibile il modulo da presentare per accedere ai finanziamenti fino a 25.000 euro (fermo restando il limite massimo del 25% del fatturato/ricavi) assistito dalle garanzie statali al 100% come previsto dal Decreto liquidità (art. 13, comma 1, lett. m) D.L. 23/2020).
L’erogazione dei prestiti anche se automatici è comunque sottoposta alla discrezionalità dell’ente finanziatore. La garanzia è concessione automaticamente dal Fondo Centrale di Garanzia per le PMI nei confronti dei titolari di partita IVA che rientrino nella definizione europea di microimprese e piccole e medie imprese aventi un fatturato fino a 50 milioni di euro oppure un attivo di 43 milioni di euro e numero massimo di 499 dipendenti (Raccomandazione della Commissione UE 2003/361).
Il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI, gestito dal Mediocredito Centrale, ha comunicato che la procedura on-line che consente alle banche di caricare le richieste di garanzia su finanziamenti è già disponibile e pertanto pienamente utilizzabile dalle banche.
Tale procedura permette agli istituti di credito di procedere all’erogazione del finanziamento appena ricevuto dal Fondo il riscontro della presa in carico della pratica. La banca attenderà tal riscontro per evitare di rimanere esposta al rischio che il medesimo beneficiario faccia richiesta a più istituti di credito, con conseguente improcedibilità delle richieste successive alla prima e conseguente mancanza della garanzia statale sugli importi nel mentre erogati.
Il Fondo di garanzia della PMI concederà la garanzia anche alle imprese che hanno crediti deteriorati con le banche, in particolare, in caso di inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti.
L’accesso alla garanzia non prevede più la valutazione del merito di credito dell’impresa da parte del Gestore del Fondo.

La durata del finanziamento è stabilità fino ad un massimo di 72 rate mensili con un periodo di preammortamento di 24 mesi, ovverossia il prestito potrà iniziare a essere restituito dopo due anni con rate per i sei anni successivi.
Il tasso massimo applicabile è rapportato al cosiddetto Rendistato, cioè la media rendimento titoli di Stato a cedola fissa, che a marzo 2020 era pari a 0,388%, maggiorato dello 0,2%. Nella pratica, dai commenti sui social media e in alcuni interventi della stampa specializzata, sembra che il tasso finale si attesti attorno all’1,70%.
Per poter accedere a tali finanziamenti assistiti da garanzia del 100% del Fondo occorre compilare il modulo “Allegato 4-bis” sia da parte delle imprese che dai lavoratori autonomi e inviarlo alla banca o a Confidi via PEC, posta elettronica ordinaria o raccomandata postale, allegando il documento di riconoscimento del sottoscrittore.

I campi da compilare dell’Allegato 4-bis
Il modulo di richiesta della copertura del Fondo di Garanzia per le PMI è disponibile sul sito dello stesso Fondo www.fondidigaranzia.it, nella sezione Modulistica (“Allegato 4-bis”).

Nel modulo vanno fornite le seguenti informazioni:
1. che il richiedente non è destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni di cui alla Legge 231/2001 inerente la responsabilità penale delle società;
2. che non è incorso in esclusioni dettate dal codice dei contratti pubblici;
3. di accettare il diritto del Fondo Centrale di rivalersi sul beneficiario nel caso questi non rimborsi il prestito alle banche;
4. specificare la propria classe dimensionale in base ai parametri della raccomandazione della commissione UE 2003/361 (le garanzie vanno ad imprese fino a 499 dipendenti);
5. al punto 17 del modulo vanno specificati gli aiuti di Stato di cui si è eventualmente già beneficiato e l’amministrazione che li ha concessi. (punto 3.1 del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia per l’emergenza COVID-19, di cui alla Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020 e successive integrazioni;
6. il punto 17 non va compilato se non si è fruito di detti altri aiuti, ma soltanto di eventuali agevolazioni relative ad altre garanzie ottenute dal Fondo centrale di garanzia);
7. impegno a trasmettere la documentazione richiesta al Gestore del Fondo ovvero al soggetto richiedente per effettuare i controlli orientati all’accertamento della veridicità dei dati contenuti nel modulo di richiesta e dell’effettiva destinazione dell’agevolazione del Fondo;
8. l’ABI ha inoltre precisato che al punto 13 del modello, relativo alla descrizione della finalità per la quale è chiesto il finanziamento, è possibile scrivere semplicemente “liquidità”;
9. al punto 12 del modulo va indicato il codice Ateco dell’attività economica esercitata interessata dal finanziamento e quella in cui si attesta che si sono subiti danni economici legati all’emergenza Covid-19. Il codice Ateco è riportato in visura camerale o nel Mod. Unico (Quadri RE-RF-RG oppure nel modello Studi di settore o ISA). Lo studio commercialista è naturalmente in grado di indicarvelo velocemente;
10. nel punto 15 del modulo vanno riportati, relativamente all’ultimo esercizio contabile per il quale è stato depositato il bilancio o la dichiarazione fiscale, l’anno d’imposta e l’importo dei ricavi.
Nel punto 2 della scheda 2 del modulo andranno trascritti i dati relativi:
11. il fatturato in migliaia di euro (attenzione – molte domande sono state respinte perché il fatturato era stato indicato in unità di euro e non in migliaia di euro), per le imprese esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria e/o dalla redazione del bilancio, tale informazione è desunta dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata;
12. il totale dell’attivo patrimoniale, per le imprese esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria e dalla redazione del bilancio, la predetta informazione è desunta dal prospetto delle attività e delle passività redatto con i criteri di cui al DPR n. 689/74 ed in conformità agli art. 2423 e seguenti del codice civile. Il dato può essere non inserito qualora i dati relativi agli occupati e al fatturato siano sufficienti a determinare la dimensione dell’impresa;
13. per soggetti costituiti dopo il 1° gennaio 2019, invece, per attestare i ricavi basterà un’autocertificazione oppure, specifica il modulo, altra documentazione idonea allo scopo.

Controlli e sanzioni

Nel modello va dato l’assenso per eventuali controlli ed ispezioni presso le proprie sedi che il gestore del Fondo dovesse ritenere necessari.
In caso di revoche totali o parziali dell’agevolazione si è obbligati a versare al Fondo l’importo pari all’aiuto ottenuto (in termine di equivalente sovvenzione lordo) e delle eventuali sanzioni previste dal D. Lgs 123 del 1998: da due a quattro volte l’importo dell’intervento indebitamente fruito.
Va altresì tenuto presente che in caso di mancato rimborso del finanziamento, la banca attiverebbe la garanzia chiedendo il subentro del Fondo per l’importo non versato.
Il Mediocredito Centrale avrà in questo caso il diritto di surroga nel credito verso il debitore che verrà esercitato attraverso l’emissione di una cartella da parte di Agenzia Riscossione (ex Equitalia). E’ quindi di tutta evidenza che in tali casi l’azione di recupero da parte dello stato avrebbe mezzi ben più efficaci rispetto a quelli a disposizione della banca.

Le difficoltà nell’erogazione
Successivamente alla diffusione dell’Allegato 4bis da parte delle ABI e alla pubblicazione da parte della stampa non specializzata e dei social media delle circolari emesse, si sono levate moltissime lamentele per il modo in cui alcune banche corrispondono – o non corrispondono – i finanziamenti con le garanzie garantite dal Decreto Liquidità.
Vengono segnalati dinieghi di concessione di finanziamenti fino a 25.000 euro assistiti da garanzia pubblica per una asserita mancanza di liquidità oppure perché non si aderisce all’accordo ABI – Governo sull’erogazione dei prestiti in questione.
In altri casi a scoraggiare sono la lunghezza dell’iter procedurale e la complessità della documentazione richiesta che vengono contestate dai richiedenti i finanziamenti.
Le difficoltà sono da un lato ascrivibili all’eccessiva burocrazia che contrasta con l’interesse pubblico verso la necessità di massima velocità di erogazione per scongiurare il blocco dell’economia e, dall’altro, dall’impossibilità degli istituti bancari di gestire una così grande massa di richieste.
A ciò si aggiunge la mancanza di un esonero transitorio da responsabilità civili e soprattutto penali, salvo il dolo o la colpa grave, in capo all’addetto alla concessione del prestito che avrebbe potuto essere controbilanciata dalla drastica accentuazione delle responsabilità del richiedente fido nell’ipotesi in cui le dichiarazioni rese tramite autocertificazione, anziché attraverso la compilazione della ben più ponderosa documentazione ordinaria, risultassero false o comunque inveritiere.
Questa incertezza sul bilanciamento fra responsabilità dell’emittente, celerità nell’erogazione e carichi di lavoro ingenti sta provocando richieste a volte paradossali ed in contraddizione con le finalità del provvedimento di legge stesso.
Sui siti Facebook dei commercialisti, la categoria in questi momenti più vicina alle imprese, è stato ad esempio segnalato che in alcune città del Veneto a chi si reca in banca per avere i finanziamenti previsti dal decreto Liquidità, vengono richieste fideiussioni personali a garanzia del finanziamento, mentre la selezione delle domande avviene non in ordine cronologico ma sulla base del merito del rating.
In Lombardia ed in Emilia Romagna, invece, alcuni istituti hanno avanzato richieste di compensazione parziale dell’erogazione del finanziamento con posizioni pregresse e sofferenti, in alcuni casi con esplicite note nei siti aziendali. Vengono inoltre richieste visure camerali aggiornate e bilanci anche in bozza (di nessun valore legale), mentre a volte le regole cambiano anche tra filiali dello stesso istituto bancario.
Quanto sopra è messo in evidenza da un’indagine condotta dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti che ha effettuato un’indagine sulle copiose segnalazioni ricevute da tutto il territorio nazionale in merito ai comportamenti «anomali» tenuti dagli istituti di credito nell’evadere le domande di finanziamento di imprenditori e lavoratori autonomi, in attuazione delle disposizioni del decreto 23/2020.
I casi segnalati hanno evidenziato una grande confusione e l’esistenza di posizioni estremamente difensive da parte di alcuni istituti di credito o, addirittura, di singole filiali che ha portato ad un fantasioso proliferare di adempimenti e richieste fin troppo burocratiche, ai limiti, se non in alcuni casi oltre le disposizioni di legge e la volontà del legislatore.
Lo studio dell’AIDC rileva in particolare come venga spesso segnalata la ridondanza della documentazione pretesa a sostegno della richiesta di finanziamento, con moltiplicazione di firme, moduli e modelli non obbligatori e spesso del tutto inutili, soprattutto nei casi di garanzia integrale dello Stato. L’eccessiva richiesta documentale interessata in maniera pressoché generale la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, l’Emilia Romagna, le Marche e la Puglia, in violazione della lettera m), comma 1 dell’art. 13 del Decreto Liquidità.
Questa eccessiva discrezionalità si sostanzia nella richiesta di dati perfettamente conoscibili dalla banca, come la visura camerale aggiornata, di bilanci completi di stato patrimoniale e conto economico anche per imprese in contabilità semplificata o addirittura di documenti non disciplinati dalle norme vigenti, come il bilancio 2019 preliminare, in contrasto, come già rilevato, con le finalità del decreto stesso.
Alcuni istituti non sanno se potranno erogare fondi, altri richiedono di allegare copia del pagamento di spese delle quali non si capisce l’inerenza come quelle. Ma anche quando le pratiche sono completate e regolarmente inoltrate, le risposte delle banche restano secondo professionisti insoddisfacenti: nessuna certezza sui tempi effettivi di erogazione, che possono variare da pochi giorni a settimane.
«Da un lato si può in parte comprendere l’attenzione posta dagli istituti di credito nell’erogazione di prestiti solo parzialmente garantiti dallo Stato. Ciò che sicuramente va censurato», rimarca una nota dell’AIDC, «è il comportamento mirato ad utilizzare l’eccesso di burocrazia come strumento a copertura della reale intenzione di sostituire affidamenti chirografari con affidamenti garantiti dallo Stato, oppure quello destinare la liquidità alla clientela primaria per operazioni speculative».

di Roberto Diaferia

Rivista Detergo Maggio 2020