CASI E SENTENZE — Quando l’etichetta è incompleta il giudice dà ragione alla lavanderia

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Due significative sentenze, segnalate dallo Sportello del Pulitintore, riportano l’attenzione sulle responsabilità dei produttori di abbigliamento, che non fanno una corretta informazione nei confronti di chi acquista i loro capi

Il portale www.sportellodelpulitintore.it nei suoi “primi” tre anni di attività ha risposto a molte domande di aziende e di cittadini che si sono rivolti al legale esperto messo a disposizione – gratuitamente – on line o al telefono. Fra le varie sezioni del portale ce n’è una dedicata alle “cause e sentenze” più interessanti che hanno riguardato il mondo della manutenzione tessile.

Nello specifico riportiamo una importante, doppia vittoria della categoria Pulitintolavanderie della Confartigianato della Marca Trevigiana, frutto dell’impegno nel sottolineare l’importanza di una corretta etichettatura dei capi di abbigliamento e della mancanza di responsabilità delle pulitintolavanderie, quando la mancanza avviene invece da parte dei produttori di abbigliamento.

Grazie al prezioso contributo dell’avvocata Francesca Ottoni, dello studio legale Bandiera, che offre la propria consulenza alla Confartigianato della Marca Trevigiana seguendo da qualche anno la categoria in questione, sono state vinte due cause relative ad altrettanti contenziosi scoppiati tra cliente e artigiano pulitintore.

Le cause, giunte davanti al Giudice di Pace, contrapponevano due clienti ad altrettante pulitintolavanderie. Entrambi i clienti sostenevano la responsabilità del titolare pulitintore sul danneggiamento dei capi di abbigliamento a seguito del loro lavaggio.

Nella prima delle due sentenze, uniche del loro genere in Italia, il Giudice di Pace si è così pronunciato “… il pulitintore si è attenuto alle indicazioni di lavaggio contenute nell’etichetta apposta a norma dell’art. 1, comma 1°, lett. E della legge 10.04.1991, n. 126. Non è tecnicamente possibile infatti, senza sottoporre il capo a un’analisi chimica, stabilire la composizione e il trattamento, come accadeva quando i tessuti erano composti da fibre naturali, come lana, seta e cotone. Ritiene pertanto questo giudicante, avvalendosi del potere di decidere secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., che la convenuta abbia assolto all’obbligo di diligenza professionale attenendosi alle indicazioni contenute nell’etichetta apposta sul capo”.

“Non è infatti pensabile – aggiunge il Giudice di Pace in questa prima sentenza – che l’esercizio di attività di pulitura a secco comporti il dovere di far sottoporre ciascun capo ad analisi prima di sottoporlo al lavaggio. Non si ritiene pertanto che sussista alcuna responsabilità della società convenuta nella causazione dei danni lamentati dall’attrice”.

Nella seconda sentenza si apprende invece che: “….dalla consulenza tecnica espletata è emersa la mancanza di responsabilità della convenuta… per l’irrimediabile danneggiamento arrecato al giaccone invernale da uomo di marca… consegnato per il trattamento di pulitura a secco della cliente… Il perito incaricato d’ufficio ha accertato che la responsabilità sussiste in capo al produttore del giaccone che ha fornito il capo con un’etichetta sbagliata per il lavaggio, mentre la convenuta ha provveduto a lavare il capo secondo l’etichetta applicata. Infatti è emerso in particolare che il produttore del capo ha riportato nell’etichetta delle indicazioni differenti da quelle che il fornitore del tessuto aveva correttamente segnalato”.

Cosa importante, che segna un precedente significativo, è che il giudice in questa seconda causa ha provveduto a far pagare interamente le spese di perizia e legali alla controparte, non facendo versare nulla alla pulitintolavanderia uscita vincitrice dalla causa.

Altra nota di rilevante importanza sta nel fatto che nella prima causa il giudice ha emesso la sentenza senza nemmeno convocare un perito d’ufficio, questo sta a significare che probabilmente si comincia a capire che nella maggior parte (si parla addirittura del 95%) delle cause relative a capi rovinati a seguito del lavaggio in pulitintolavanderia, la responsabilità non è da imputare alle stesse.

 

RIVISTA DETERGO

FEBBRAIO 2017