DANNI ALL’AMBIENTE
Le fibre sintetiche e in particolare il poliestere sono:
– considerate tra le maggiori responsabili dell’inquinamento ambientale;
– preferite dalla moda usa e getta per costi e prestazioni; un’alta percentuale dei capi in poliestere viene prodotto proprio dai brand a basso costo;
– il 35% dell’inquinamento da microplastiche presente nei nostri mari è causato dal lavaggio, produzione riciclo dei tessuti sintetici, in particolare dal poliestere.
Danni conseguenti all’uso e alla manutenzione dei capi in poliestere
I fili di poliestere si classificano: in fili continui e filati a fibre discontinue ritorte tra loro.
Filo continuo Filato discontinuo
Il filato è un insieme di fibre discontinue di lunghezza limitata da qualche mm (ad esempio il cotone) fino a 10-15 cm (ad esempio il mohair e le fibre sintetiche a taglio laniero), legate assieme dalla torsione, mentre il filo è un insieme di filamenti di lunghezza illimitata di diverse centinaia di metri senza soluzione di continuità.
A loro volta i fili continui in poliestere si dividono in fili lisci e testurizzati.
Filo liscio Filo testurizzato
Filo liscio Filo testurizzato
Per testurizzazione s’intende quel processo che modifica la disposizione geometrica delle bave che compongono un filo rispetto al suo asse, provocando variazioni nelle caratteristiche elastiche e/o di volume del filo stesso La testurizzazione è un procedimento tessile atto a conferire specifiche caratteristiche ai fili continui. Può modificare la mano conferendo voluminosità, elasticità o modifica strutturale ai fili.
Le nuove tendenze stilistiche indicano una forte crescita dei fili testurizzati per le nuove proprietà che essi impartiscono ai tessuti richiesti dai consumatori (leggerezza, comfort migliore, elasticità, ripresa delle deformazioni, aspetto e mano lanose o cotoniere ecc) Oggi circa il 60-70% della produzione mondiale di fili continui sintetici è utilizzato sotto forma di filo testurizzato. I settori d’impiego di questa categoria di fili sono in continua espansione nel campo della maglieria, nell’abbigliamento tradizionale e nell’abbigliamento di abiti sportivi. Per tali capi, fra i difetti più frequenti, oggetto di contestazione sia da parte dei produttori sia da parte degli utilizzatori stessi e sia dalle lavanderie ha assunto un ruolo di primaria importanza lo snagging.
L’avvento di nuovi filamenti di finezza sempre più ridotta (basti pensare alle microfibre), è una tendenza della moda che vuole i capi morbidi e leggeri con strutture aperte (tutti elementi che intervengono in senso negativo sulla resistenza allo snagging) richiede un’attenzione particolare alla la resistenza allo snagging sconosciuta sia agli utilizzatori che alle lavanderie, anche se le conseguenze di una insufficiente resistenza allo snagging, durante l’indosso e la manutenzione, sono spesso causa di forte difettosità con conseguenti danni economici.
Cosa si intende per snagging?
Per snagging si intende la resistenza di un tessuto, realizzato con fili continui o in mista filo e filato, alle sollecitazioni di sfregamento quando il capo viene indossato e all’agitazione meccanica durante il lavaggio che danno luogo ad una modifica dell’aspetto del tessuto per:
Formazione di gruppi di fibre Distorsione dell’intreccio Formazione di fili tirati
o di fili che fuoriescono dal tessuto
Nei tessuti da filo continuo, le sollecitazioni di sfregamento contro superfici piane o di tessuto contro tessuto o contro superfici non perfettamente lisce, non possono provocare la fuoriuscita di fibre dal substrato tessile e quindi la formazione di peluria o pilling, ma possono provocare la rottura parziale o totale dei filamenti del filo che fuoriuscendo dal tessuto si sfrangiano e si arrotolano in modalità “pallina” dando l’impressione di un pills; si pensi a quei batuffoli di pelo che si evidenziano sui collant femminili durante l’indosso. Alcuni esempi di difettosità legate alla bassa resistenza allo snagging che si evidenziano nel lavaggio.
Lo snagging si misura secondo norma ASTM D 3939 con uno strumento indicato in figura chiamato snagging tester. Dal tessuto vengono tagliati dei campioni in senso dell’ordito (o file) ed in senso della trama (o ranghi) con misure predeterminate tramite opportuno calibro e cuciti secondo modalità tubolare e successivamente inseriti, uno alla volta, su un tamburo cilindrico rivestito di feltro che ruota in senso orario. Mentre il tubolare infilato sul cilindro ruota, una palla chiodata detta “mace” saltella casualmente sul tubolare provocando i vari tipi di snaggings: rotture dei filamenti, fili tirati, deformazioni, ecc. Il grado di snagging è valutato visivamente tramite il paragone con dei campioni standard. La scala di giudizio va da 1giudizio pessimo a 5 giudizio ottimo
Alcuni esempi di test con relativo giudizio
Snagging tester Giudizio 2/3 Giudizio 2
La resistenza allo snagging dipende da numerosi fattori quali il tipo di filato testurizzato:
– finezza dei filamenti
– il numero delle bave
– torsioni
– tipo di punto o armatura
– coefficiente di attrito
– fittezza del tessuto
– voluminosità
– tipo di finissaggio
– superfici
Testurizzato parallelo Testurizzato ritorto Interlacciato
Nelle raffigurazioni sono riportati alcuni tipi di filati testurizzati, i più critici sono quelli a fibre parallele e quelli tipo interlacciato. •
di by ING. VITTORIO CIANCI
Direttore LART – Laboratorio Analisi e Ricerca Tessile
LART
Laboratorio Analisi e Ricerca Tessile
Textile Research and Analysis Laboratory
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Rivista DETERGO # Febbraio 2023